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Le Coucou: il trionfo della cucina francese a New York. La storia di Daniel Rose, l'americano che ama la Francia

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Alla soglia dei 40 anni, Daniel Rose è uno degli chef più acclamati di New York, dopo appena un anno dall'apertura di Le Coucou. Ma le ossa, lui che è originario dell'Illinois, se l'è fatte a Parigi, dove nel 2006 apriva Spring. Una carriera di successi nel segno di una passione costante: la grande cucina francese.

Gli ultimi dieci anni di Daniel Rose. Da Spring a New York

 

Fresco di incoronazione tra i grandi della ristorazione americana, per Daniel Rose sembrano molto lontani i tempi del primo mitico Spring, appena 16 coperti in rue de la Tour d'Auvergne per l'americano – da Wilmette, Illinois - innamorato della Francia, che nel 2006 apriva a Parigi il suo primo ristorante, dopo l'alunnato con Yannick Allenò all'Hotel Meurice. Successo folgorante, già allora, per una cucina stagionale e di territorio, menu del giorno sempre diverso a piccolissimi prezzi che negli anni a venire avrebbe fatto la fortuna della moderna bistronomia parigina. E quindi, nel 2010, il trasloco nel locale di rue Bailleul, in vista del Louvre, più spazioso e sempre ispirato alla cucina di mercato, un solo menu da quattro portate che cambia ogni mese (oggi, cenare da Spring costa 84 euro, e in cucina c'è Gilles Chesneau). Ma il presente glorioso di Daniel Rose, all'indomani della cerimonia di premiazione della James Beard Foundation – che ogni anno sancisce i protagonisti dell'universo enogastronomico statunitense – si chiama Le Coucou. Ed è il frutto di un ritorno all'ovile meditato e concretizzato appena un anno fa – era maggio 2016 – a New York. La cucina bistronomica francese che strizza l'occhio alla classicità vintage per conquistare la platea americana tra folclore e ardimento tecnico, come solo chi conosce davvero gusti e manie dei suoi connazionali può fare.

 

Le Coucou. Best New Restaurant USA

E Daniel Rose, a quanto confermano le cronache degli ultimi mesi, c'è riuscito con un ristorantone d'atmosfera e carta raffinata – mise en place impeccabile, tappeti, candele e mattoncini a vista – che da qualche giorno può fregiarsi del titolo di Best New Restaurant d'America. Del resto, già l'autunno scorso, Le Coucou aveva meritato 3 stelle del New York Times dopo la visita del temibile critico gastronomico Pete Wells, letteralmente conquistato dalle salse di Mr. Rose, che nell'avventura newyorkese si era lanciato con il sostegno economico del socio Stephen Starr, ristoratore di successo tra New York, Philadelphia e Parigi (con oltre 30 insegne in portafoglio), pure lui premiato durante la cerimonia di Chicago come Outstanding Restaurateur. A New York Le Coucou divide i riflettori dei James Beard Awards 2017 con l'Oyster Bar del rinnovato Grand Central Terminal, eletto Design Icon, e soprattutto con l'italiano Marco Canora, Best Chef in città per la cucina di Hearth, rilanciata del restyling salutista di un anno fa, e voce di tendenza per il (paleo)brodo da passeggio lanciato con il corner Brodo all'inizio del 2015.

 

La cucina francese di Mr. Rose. Perché piace

Ma è l'insegna francese ospitata all'interno dell'Howard Hotel di Soho a strappare la palma di miglior successo imprenditoriale, considerando pure l'ascesa constante del suo ideatore: neanche 40enne, negli ultimi dieci anni Daniel Rose è stato capace di conquistare (da straniero) la piazza parigina – dove nel frattempo ha aperto anche il bistrot La Bourse et la Vie - e scalare le classifiche internazionali, e ora anche a New York tutti lo acclamano, memori della gloria dello storico Lutece, emblema della classicità francese in città alle direttive di Andrè Soltner, oggi non più in attività. Alla sua cucina, e alla suggestione di quella tavola, Rose ha dichiarato sin dall'inizio di voler rendere omaggio. A modo suo, certo, ispirato dallo studio sui ricettari di inizio Novecento, ma con quella personalità unica che gli ha fatto guadagnare il favore di tante glorie della ristorazione newyorkese, Eric Ripert, chef-patron de Le Bernardin, in testa. Il segreto? “La cucina francese è un'enciclopedia codificata di pietanze che la maggior parte delle persone trovano deliziose” ha rivelato in passato “Non si tratta di reinventarla, ma di farne rivivere la memoria nel presente”. Rendendola al contempo generosa e divertente. Ed ecco New York ai suoi piedi.

 

Le Coucou | New York | 138 Lafayette street | www.lecoucou.com


Zanze XVI, lo chef Nicola Dinato riapre la storica trattoria veneziana

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Un locale in funzione sin dal XVI secolo, chiuso da un paio di anni, sta per essere riaperto in una veste nuova, grazie a un team di giovani chef e imprenditori. È Zanze XVI, “osteria elegante” che incrocia la bistronomie di stampo francese. Alla guida del progetto lo chef Nicola Dinato e il suo socio, lo startupper Nicola Possagnolo.

Dalla Trattoria dalla Zanze a Zanze XVI

La Trattoria dalla Zanze ha chiuso nel 2015, dopo oltre 500 anni di onorato servizio. Una vera e propria istituzione della cucina veneziana, che dal XVI secolo accoglieva visitatori e cittadini amanti del pesce. Intorno alla sua nascita, una leggenda: i veneziani narrano che la vecchia Zanze, detenuta di lungo corso, cucinasse proprio in questo edificio i pasti per i prigionieri delle carceri cittadine.

La sua chiusura ha lasciato un vuoto che Nicola Dinato - chef stellato (Due Forchette sulla guida del Gambero Rosso) e anima pulsante del ristorante Feva di Castelfranco Veneto - ha deciso di colmare. A fine maggio, infatti, la trattoria riaprirà in veste nuova, sempre nel sestiere di Santa Croce, lungo Fondamenta dei Tolentini.

 

Il progetto e la formula dell’azionariato popolare

La proprietà voleva dare una svolta, cercando di tornare ai vecchi fasti ma in un’ottica più moderna. Quando mi hanno contattato ho aderito subito con entusiasmo” racconta lo chef Dinato che, insieme al socio Nicola Possagnolo, fondatore della tech company padovana Noonic e digital strategist appassionato di food, aprirà a breve Zanze XVI. Ai fornelli, Luca Tartaglia, promessa della cucina italiana, fino a poche settimane fa al tristellato L'Astrance di Pascal Barbot, a Parigi. “Abbiamo dovuto fare subito un vero e proprio restauro: grazie ad alcune famiglie venete, che hanno capito che l’idea ha anche una vocazione sociale, siamo riusciti a raccogliere l’investimento adeguato”. Una sorta di azionariato popolare, che fa diventare i veneziani protagonisti dell’investimento soci del locale ma anche “ambasciatori” dell'osteria che nascerà.

 

Il concept e la location

È la bistronomie francese ad aver ispirato Dinato nel delineare il concept del locale, insieme al trend dell’osteria di fascia alta, di cui spesso si abusa. “Volevo una formula snella nel servizio e leggera anche per quanto riguarda l’ambiente, ma che rivelasse l’alto livello della proposta gastronomica fin da subito, dall’assaggio del primo piatto”. Un format giovane e informale, caratterizzato però dalla qualità dell’offertaI prezzi però saranno contenuti, soprattutto per quanto riguarda la formula del pranzo, proprio per favorire una clientela ampia”.

 

Il menu

In regia Nicola Dinato, in cucina Luca Tartaglia: “Luca voleva riavvicinarsi a casa e trovare qualcosa che fosse più cucito sulla sua personalità. Aveva già diverse offerte interessanti, in brigate di alto livello, ma ha scelto di intraprendere questa strada probabilmente anche per la libertà che un progetto del genere ti garantisce”, spiega Dinato. Ma quale sarà la proposta di Zanze XVI? Tre i menu degustazione, con la possibilità di combinare piatti di percorsi diversi: “Abbiamo cercato di unire i due volti di Venezia, la terra e il mare. A questa idea abbiamo aggiunto una terza proposta che è quella del menu ‘anima’, espressione della creatività dello chef. Ci piace questo concetto perché l’anima è qualcosa di astratto che non puoi mai afferrare completamente ed è costantemente in divenire”. Materie prime locali protagoniste, con un’offerta a rotazione che privilegi non solo la stagionalità ma anche prodotti antichi e ricercati, in memoria della storia gastronomica di Venezia e, naturalmente, i produttori più fidati.

Ma non è tutto: a conferma del carattere “giovane” del locale, una zona sarà dedicata alla mixology.“Ci sarà un angolo bar, guidato da Nicolò De Pol, un pasticcere dotato di grande savoir faire che si è dato all’arte dei cocktail, e una piccola corte esterna dove fare anche esperimenti sulle miscelazioni”. Apertura prevista per l’ultima settimana di maggio.

Zanze XVI | Venezia | Santa Croce, 231 | tel. 041 715394

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 

Mangiare in Italia. 10 ristoranti selezionati dai lettori inglesi del Guardian. Con qualche sorpresa

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La tradizione gastronomica tricolore è una delle più ricche e affascinanti del pianeta. E gli inglesi lo sanno bene, per questo il giornale The Guardian ha chiesto ai suoi lettori di stilare una classifica con le 10 insegne migliori della Penisola.

La cucina italiana vista dagli inglesi

L'immagine di Julia Roberts che addenta la pizza napoletana o assapora con gusto una forchettata di spaghetti al pomodoro è rimasta scolpita nella mente di chiunque abbia visto Mangia prega ama, film del 2010 diretto da Ryan Murphy che giocava parecchio sul folclore made in Italy. Ma la lista di scene cinematografiche che rappresentano la cultura del mangiare bene tricolore è ampia, specialmente quando si parla di pellicole anglosassoni. Grandi estimatori della tradizione gastronomica italiana, i turisti americani sono fra i più curiosi in fatto di cibo, ma non solo: anche i britannici trovano nella nostra Penisola un luogo rassicurante e allo stesso tempo sorprendente per quanto riguarda la tavola. Perché se da una parte i piatti delle diverse tradizioni regionali sono ancora i più rappresentativi della cucina made in Italy all'estero, dall'altra esiste un bacino di chef giovani (e non solo) che amano sperimentare con sapori e gusti, coniugando diversi stili e facendo convergere nei loro piatti più anime.

La sfida del Guardian

Il ritratto dell'Italia che si ricava dalla classifica stilata dai lettori del Guardian, uno dei quotidiani britannici più seguiti, è eterogeneo e insolito. Il giornale ha dato ai suoi lettori più affezionati la possibilità di selezionare le dieci migliori cucine del Bel Paese, da Nord a Sud, in piena autonomia e libertà di scelta. Nessuna regola infatti sulla scrematura delle insegne: nella lista si trovano gli indirizzi più disparati, dal ristorante con cucina ricercata all'angolo più nascosto delle città che serve il tipico cibo da strada regionale, dal locale vegetariano alla trattoria rustica che propone prodotti del territorio. Un'istantanea autentica e sincera di come gli inglesi percepiscono la nostra tavola, e soprattutto la ristorazione nazionale, che cattura una collezione variegata di insegne, alcune condivisibili, altre meno, tutte piuttosto inaspettate.

La classifica

È la Capitale a registrare il maggior numero di preferenze, con ben tre locali molto diversi tra loro: c'è la porchetta de Er Buchetto, trattoria di fine Ottocento in zona Esquilino specializzata nei panini più famosi di Roma, il filetto di baccalà de Dar Filettaro a Campo de' Fiori e poi la cucina di tradizione di Trattoria Da Simonetta a San Giovanni. Conta due insegne invece la Liguria con Trattoria La Brinca a Ne, in provincia di Genova (questa sì, una delle insegne più interessanti della cucina regionale italiana), molto apprezzato dai lettori per “le specialità che riflettono il gusto semplice e genuino della tradizione rurale del luogo” e “l'utilizzo dei prodotti di piccoli agricoltori locali”, e la Pizzeria Kebab SoleLuna nel capoluogo ligure, che “trasporta l'atmosfera napoletana nel cuore di Genova”. Sull'Appennino, è l'Umbria a farla da padrone, in particolare Bevagna (Perugia) con la sua Antiche Sere Osteria Enoteca, che colpisce per i piatti di carne, specialmente “piccione, coniglio e guanciale”, mentre sul lago di Como spicca l'Osteria Il Pozzo a Menaggio, “cucina povera con prodotti d'eccezione”. L'Antica Pizzeria da Michele (ora anche a Londra) è stata eletta invece miglior pizza napoletana, “perfetta nella sua semplicità”, mentre in Toscana è l'Antica Trattoria La Grotta il locale preferito dagli inglesi, che nell'osteria di Sassa, in provincia di Pisa, ritrovano il piacere di un buon pasto con vista panoramica sulle colline toscane. Ma è la presenza di un'insegna campana che mette d'accordo tutti a stupire di più: l'Oasis Sapori Antichi di Vallesaccarda (Avellino), premiato dai lettori inglesi, è uno dei ristoranti più interessanti d'Irpinia e d'Italia, vanta Due Forchette sulla guida Ristoranti d'Italia del Gambero Rosso e Una Stella Michelin. E conquista anche il pubblico inglese con il suo menu stagionale, ricercato, “e una carta dei vini curata nel dettaglio”.

Er Buchetto, Roma

Dar Filettaro, Roma

Trattoria Da Simonetta, Roma

Trattoria La Brinca, Ne

Pizzeria Kebab SoleLuna, Genova

Antiche Sere Osteria Enoteca, Bevagna

Osteria Il Pozzo, Menaggio

L'Antica Pizzeria da Michele, Napoli

Antica Trattoria La Grotta, Sassa

Oasis Sapori Antichi, Vallesaccarda

a cura di Michela Becchi

Libri sul cibo per bambini. 10 imperdibili volumi sull'alimentazione

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Bambini e alimentazione. Sono tanti i temi da affrontare quando si parla di cibo con i più piccoli, dall'agricoltura ai principi nutritivi, dalle buone maniere a tavola alla provenienza dei prodotti. Fortunatamente, sono altrettanti i testi scritti sull'argomento pensati appositamente per i bambini.

I libri per bambini che hanno come tema il cibo possono diventare, per genitori e insegnanti, strumenti utili per trasmettere loro le basi di una corretta alimentazione. E non solo: dalla storia dei prodotti alla loro coltivazione, dallo spreco alimentare alle cucine straniere, i temi da tenere in considerazione sono diversi e tutti ugualmente importanti. Dopo una prima lista di titoli consigliati sull'argomento, per completare la ricerca abbiamo raccolto un'altra serie di volumi dedicati a questo tema così delicato, da tenere in considerazione durante l'educazione alimentare dei più piccoli.

La grande storia dell'ulivo

Un viaggio in compagnia del “gigante buono” dalla folta chioma argentata: l'ulivo, albero secolare da sempre parte della cultura mediterranea, che nel testo di Cosimo Damiano Guerini diventa protagonista principale di un racconto fantastico che ripercorre la storia di questa pianta. Un tragitto che parte da Noè e da un prezioso ramoscello simbolo di pace, e passa poi per il mondo contadino, che con cura e pazienza trasforma i suoi frutti nell'oro verde che tutti conosciamo, per finire con il prodotto d'eccellenza a cui siamo abituati oggi. Con illustrazioni, giochi ed esperimenti per coinvolgere direttamente i più piccoli, il libro trasporta i giovani lettori alla ricerca di una delle specialità più rappresentative delle tavole italiane.

La grande storia dell'ulivo | Cosimo Damiano Guerini | ed. Adda | Euro 5,00

Conosci il tuo cibo

Protagonista di questa insolita storia è Gnam, una papilla gustativa, quell'elemento che si trova sulla lingua, la laringe o la faringe che ci consente di percepire e riconoscere gusti e sapori del cibo e che in questo racconto guida i bambini alla scoperta del proprio palato. In un percorso articolato che comincia dalle materie prime, passa per la qualità degli ingredienti e la composizione degli alimenti, e finisce con un'analisi delle conseguenze delle nostre scelte alimentari. L'autrice, Giusi D'Urso, affronta il tema complesso della dieta sana e sostenibile attraverso un linguaggio semplice e immediato e partendo da basi scientifiche. Una guida a un consumo consapevole ma anche al piacere del cibo, con giochi ed esempi studiati appositamente per i più piccoli.

Conosci il tuo cibo | Giudi D'Urso | ed. ETS | Euro 8,50

La storia che avanza

Il testo prende spunto da uno dei temi più caldi del settore enogastronomico: lo spreco alimentare. L'autore, AlessandroLumare, trasforma i vari avanzi di cibo in racconti fantastici, riportando l'attenzione sull'importanza di ogni singolo prodotto impiegato nella realizzazione di un piatto e sul valore che il cibo ha a livello etico e sociale, oltre che salutare. Un invito a non sprecare, a rispettare il territorio attraverso scelte consapevoli, ma anche a non dimenticare mai il lato ludico ed edonistico del cibo, stimolando i bambini a giocare – con consapevolezza – con gli ingredienti in cucina.

La storia che avanza | Alessandro Lumare | ed. Artebambini | Euro 13,50

La salute vien mangiando

Un progetto didattico ambizioso che ha come obiettivo quello di trasmettere ai bambini le conoscenze base per una sana alimentazione. Il volume si basa sulla piramide alimentare, con i suoi gruppi e principi nutritivi, e sull'ampia varietà di cibo di cui disponiamo. Lo scopo? Diffondere la cultura del mangiare bene per prevenire il sempre più comune problema dell'obesità infantile. Il testo si propone di rendere il bambino capace e autonomo nella valutazione della porzione dei cibi, ma nel volume trova spazio anche la sfera sensoriale, con laboratori e attività che invitano i più piccoli a riconoscere gli alimenti utilizzando i propri sensi, dall'olfatto al gusto.

La salute vien mangiando | Sonia Loffreda | ed. Mela Music | Euro 16,90

Tutti a tavola!

Perché la prima colazione è un pasto fondamentale? Perché è importante masticare bene il cibo? Che cos'è la piramide alimentare? E le calorie? A queste e altre domande si propone di rispondere Mario Corte con il suo libro sull'alimentazione. Con un taglio estremamente semplificato e un linguaggio essenziale, l'autore svela i segreti nascosti nel piatto che il bambino si trova davanti ogni giorno e con cui può avere un rapporto ora difficile, ora distratto, ora eccessivo. Tenere sempre una bottiglietta d'acqua nello zainetto, imparare a calcolare le calorie che si consumano quando si corre, si va in bicicletta, si salgono o si scendono le scale: queste e tante altre sono le piccole indicazioni che Mario offre ai piccoli lettori. Un testo che non dimentica anche la parte conviviale dell'atto del mangiare e che ricorda ai bambini le buone maniere da tenere a tavola.

Tutti a tavola! | Mario Corte | ed. Emme | Euro 11,90

Sono celiaco, non malato!

Un disturbo alimentare che si sta diffondendo sempre di più negli ultimi anni: è la celiachia, risultato di un'infiammazione cronica dell'intestino tenue causata dal malassorbimento del glutine, componente proteica dei cereali presente nel frumento. Un problema che spesso viene diagnosticato in età adulta ma che è presente fin dall'infanzia e che, come le intolleranze alimentari, può rappresentare per chi ne soffre un disagio notevole. Ma non ce ne è motivo, perché si può mangiare bene e con gusto anche con qualche ristrettezza: è questo il tema del libro di RaffaellaOppimittie GianfrancoTrapani, che insieme hanno deciso di trattare la celiachia sotto diversi punti di vista per far capire ai bambini che la diversità non è un limite. Ci sono le informazioni medico-scientifiche, psicologiche e naturalmente anche quelle nutrizionali ma il messaggio fondamentale è uno solo: i celiaci non sono malati, semplicemente, devono porre maggiore attenzione durante le loro scelte alimentari.

Sono celiaco, non malato! | Raffaella Oppimitti, Gianfranco Trapani | ed. Red | Euro 14, 30

La bussola a tavola

Fra i maggiori ostacoli che i bambini possono incontrare sul loro percorso di educazione alimentare c'è l'incapacità di distinguere la gola dalla fame. È questo il punto di partenza del libro che – come spiega il titolo stesso – si propone come una guida e un punto di riferimento per i più piccoli a tavola. Con questo intento sono nate le storie, i giochi e i quiz che compongono le pagine del volume, che con poche semplici parole accompagna i bambini sulla strada della sana alimentazione. Scandagliando tutte le cattive abitudini alimentari, spesso tramandate dagli stessi genitori, ma anche, e soprattutto, quelle buone che consentono di mangiare bene con gusto.

La bussola a tavola | Cristina Cherchi, Stefania Pallini | ed. Mds | Euro 8,50

Il mio orto

Se mangiare bene è fondamentale, altrettanto imprescindibile è capire da dove provengono gli alimenti di cui ci nutriamo quotidianamente. A cominciare dai frutti della terra, e dunque dall'agricoltura. “Il mio orto” fornisce ai bambini una serie di informazioni utili per scoprire come funziona la coltivazione delle piante, dagli alberi da frutto agli ortaggi, dai semi ai tuberi, attraverso illustrazioni, attività, giochi e adesivi colorati. Gli esperimenti proposti dal libro si impegnano a coinvolgere direttamente i bambini, spingendoli a mettere le mani in pasta e nella terra: ricette di cucina semplici e veloci da riproporre a casa sotto la supervisione di un adulto e consigli preziosi per realizzare un orto casalingo fai da te, per imparare così non solo lo sviluppo delle piante ma anche l'arte della pazienza.

Il mio orto | Sonia Goldie | ed. Scienza | Euro 9,90

Mangiocosa?

Il titolo è frutto di un gioco di parole, 'mangiare' e 'gioco', e nasce dal lavoro di ricerca delle sorelle Monicae RossanaColli, insieme all'amica SofiaGallo, tre autrici da tempo specializzate in editoria per l'infanzia. Storie, filastrocche, racconti e fumetti per spiegare ai più piccoli le regole principali di una dieta equilibrata, dall'importanza della prima colazione alla differenza fra proteine, vitamine e carboidrati. E non finisce qui: il volume descrive anche piatti stranieri, in una panoramica essenziale e semplificata della cultura gastronomica degli altri paesi. Un testo pensato per i bambini ma anche per gli adulti con approfondimenti specifici dedicati ai più grandi presenti in ogni capitolo, per aiutare genitori e insegnanti ad affrontare in maniera corretta questo tema delicato.

Mangiocosa? | Monica Colli, Rossana Colli, Sofia Gallo | ed. La Scuola | Euro 12,30

Giochiamo a mangiare

Mangiare divertendosi: è questo il messaggio che il volume vuole trasmettere ai più piccoli attraverso un percorso educativo da intraprendere insieme agli adulti. Un libro che tocca tutti i temi dell'alimentazione, dal funzionamento dell'apparato digerente ai principi nutritivi, dall'importanza delle cinque porzioni giornaliere di frutta e verdura alla piramide alimentare, dalle allergie alla scelta vegetariana. Nozioni fondamentali spiegate con un linguaggio adeguato e sviluppate attraverso una serie di attività, ricette, giochi e cruciverba. Perché si può imparare a mangiare bene anche attraverso il gioco, le favole e i racconti.

Giochiamo a mangiare | Raffaella Oppimitti | ed. Red | Euro 14,30

a cura di Michela Becchi

Leggi anche: Libri sul cibo per bambini. 10 imperdibili volumi sull'alimentazione

Francesco Apreda ci racconta il menu del decennale dell'Imàgo

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Il ristorante all'ultimo piano dell'Hotel Hassler di Roma compie 10 anni. E lo festeggia con un restyling della sala e un menu dedicato al decennale.

Festeggia i 10 anni il ristorante all'ultimo piano dell'Hotel Hassler di Roma. L'Imàgo, come l'ha immaginato e voluto Roberto Wirth, è oggi uno degli indirizzi di riferimento della ristorazione capitolina. E non solo per la vista da mille e una notte capace di lasciare senza parole anche chi Roma la conosce e la guarda da una vita. Ma anche per la cucina che, anno dopo anno, si fa più matura e centrata. Una proposta all'altezza del panorama: è stato questo il preciso desiderio di Wirth, dinastia di albergatori, da 39 anni saldamente alla guida di questo albergo dal fascino ineguagliabile.

 

Imago 10 anni

Roberto Wirth è più di quanto il suo ruolo possa dire: non solo il presidente e general manager, ma l'anima di questo 5 stelle lusso indipendente. Sempre presente, “la dedizione all'Hassles è totale” dice, e aggiunge: “questa dedizione si trasmette ovunque: nello stile, accoglienza, servizi offerti, nello staff”. E nel ristorante. Quell'Imàgo in cui lui ha creduto fortemente 10 anni fa, così come ha creduto in quel cuoco campano che era transitato ancora giovanissimo nelle cucine dell'Hassler e che è andato a ripescare anni dopo, proponendolo per esperienze all'estero prima di affidargli completamente il neonato ristorante al roof. A lui, Francesco Apreda, si deve il successo di questi anni. E al lavoro di concerto con la proprietà.

 

Imago

 

Le esperienze in Oriente sono quelle che Apreda ha saputo trasformare in ingredienti vivi per la sua cucina al pari di mozzarella e pomodoro, a sorpresa protagonisti in un ristorante gourmet di alto rango come questo. Apreda - anima campana, spirito cosmopolita, e la capacità di saldare in incontri apparentemente impossibili ingredienti esotici e sapori nostrani - ha saputo mettere a segno quella proposta internazionale e insieme italianissima che voleva Wirth. Il risultato è una cucina contemporanea, che racconta l'Italia varcando frontiere e oceani. Capace di parlare a romani e turisti di ogni parte del mondo, e spiegare come la Campania, l'India e il Giappone possano convivere senza frizioni nei piatti.

 

 

Il restyling e un menu per celebrare i 10 anni

Un traguardo importante, questo dei 10 anni. Per l'occasione, un restyling della sala ha reso ancora più accoglienti e piacevoli gli spazi, e una nuova illuminazione valorizza i piatti che devono contendere l'attenzione degli ospiti alla vista che abbraccia la Città Eterna. Per raccontare il percorso fatto fino a ora, Francesco Apreda ha studiato un menu di 10 portate riproponendo quei piatti che hanno un significato particolare nella storia del ristorante. Lo chef ha voluto raccontarsi così, con una carta tutta dedicata ai suoi classici, talvolta rielaborati alla luce della piena maturità di oggi, delle esperienze di questi anni, che hanno regalato viaggi, conoscenze, ingredienti e suggestioni. Un esempio? Il piatto preferito da Mr. Wirth: le Capesanteimpanate e ripiene di mozzarella di bufala, foglie di sedano e tartufo nero,in cui la panatura da classica milanese con pangrattato e farina è ora a base di panko e lamelle indiane di riso essiccate, mentre la salsa è arricchita da funghi shitake.

 

Imàgo dell'Hotel Hassler | Roma | p.zza Trinità dei Monti, 6 | tel. 06.69934726 |www.imagorestaurant.com

 

a cura di Antonella De Santis

video Francesca Naccarato

 

 

 

L’Abruzzo in 9 biscotti tradizionali e la ricetta degli spumini della pasticceria Ferretti

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Olio extravergine, farine di montagna, pepe e anice. Sono i biscotti abruzzesi, dolcetti rustici ma delicati allo stesso tempo, in cui spiccano gli aromi tipici e le farine della zona. Oggi vi raccontiamo 9 specialità regionali e la ricetta degli spumini della pasticceria Ferretti di Roseto degli Abruzzi.

Biscotti della tresca, sassi, spumini, lingue di suocera. Sono dolcetti dal sapore intenso e dalla lunga storia, rustici ma dal sapore gentile. Per la rubrica sui biscotti regionali vi portiamo in Abruzzo, con 9 specialità tradizionali e la ricetta degli spumini della pasticceria Ferretti, Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

 

 

Amaretti 

In Abruzzo gli amaretti erano i dolci tipici del carnevale, ma oggi sono prodotti durante tutto l’arco dell’anno. Diversamente dalla ricetta piemontese, in questa versione, oltre alle mandorle dolci e amare, le armelline e gli albumi montati a neve, c'è  anche una decisa dose di scorza di limone, che dona un aroma diverso da quelli degli amaretti tradizionali delle altre regioni. 

Si inizia tritando le mandorle con lo zucchero e montando gli albumi a parte. Una volta unite le due parti si aggiunge la scorza di limone grattugiata. A questo punto il composto deve riposare in frigo per almeno 3 ore. Trascorso questo tempo si stende su una spianatoia coperta da un velo di farina e zucchero e si creano dei tondini un po’ schiacciati. Infine si infornano a 150 gradi per 30 minuti circa.

 

 

amarettiamaretti

 

Biscotti della tresca 

Tresca in abruzzese vuol dire trebbiatura: questi dolcetti da inzuppo dalla ricetta molto semplice venivano preparati proprio in questa occasione, durante l’ultima fase del raccolto, quando si doveva separare la granella del frumento dalla paglia e dalla pula. Erano i contadini a mangiarli, portandoli con sé e inzuppandoli nel vino alla fine della giornata lavorativa.

Per prepararli a casa servono farina, uova, zucchero di canna, latte, olio extravergine d’oliva, lievito, scorza di limone e cannella. Per prima cosa si setaccia la farina e si mischia con il lievito, subito dopo si aggiungono lo zucchero, metà delle uova e il latte. Si impasta per qualche minuto e si incorpora il resto delle uova, l’olio evo e gli aromi. Il composto deve risultare morbido ma non troppo, simile a quello della pasta frolla. 

Una volta stesa la massa si ricavano biscotti da 7 centimetri circa, quindi piuttosto grandi, e si mettono su una teglia infarinata, distanziati uno dall’altro di almeno 4 centimetri, per evitare che si attacchino fra loro durante la cottura. Si cuociono per 15 minuti, o fino a completa doratura, a circa a 180 gradi.

 

Cancelle o ferratelle

Le cancelle, chiamate ancheferratelle, sono dolci diffusi in Abruzzzo e in Molise, di cui vi abbiamo già raccontato parlando dei biscotti tipici di questa regione. Ricordano, per la griglia che ne decora la superficie, i waffle inglesi (o goufre in Belgio), ma differiscono perché sono molto più sottili. Si cuociono con una doppia piastra arroventata sul fuoco, che dà loro la classica forma di cialda percorsa da nervature. Le piastre tradizionali hanno diversi disegni, quella più comune è a rombi, da cui il nome ferratelle usato in alcune parti della regione (ma vengono chiamate anche nivole o neole a Teramo, pizzelle in provincia dell’Aquila, mentre nella variante con due cialde sovrapposte e farcite prendono il nome di coperchiole). In origine venivano prodotte soprattutto per i matrimoni: non è raro trovare infatti piastre a forma di cuore. Si mangiano condite con marmellata, solitamente d’uva, ma anche crema pasticcera o cioccolata: in alcuni paesi si farciscono, si arrotolano e si consumano a mo’ di cannolo. 

 

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Ciambelline al vino

Le ciambelline al vino sono un dolce comune, diffuso in diverse regioni, in particolare nel centro Italia. La particolarità della versione abruzzese sta nell’uso dellaSolina - una farina di grano tenero di montagna coltivata soprattutto nell'area del parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga - e del Montepulciano, vino autoctono di cui gli abruzzesi sono molto orgogliosi.

Insieme a questi due ingredienti anche farina, zucchero, olio extravergine d’oliva e soprattutto semi di anice o finocchietto, che regala alle ciambelline un aroma intenso. Per realizzarli basta setacciare la farina e unirla con il vino precedentemente mescolato all’olio, lo zucchero e gli aromi, continuando a impastare finché non si ottiene una consistenza omogenea. A questo punto la massa deve riposare in frigo per mezz’ora coperta con un canovaccio. Passato questo periodo si riprende l’impasto e si formano dei cordoncini da chiudere alle estremità, come si fa con i taralli. Infine, si infornano a 190 gradi per 20 minuti circa.

 

ciambelline al vinociambelline al vino

 

Lingue di suocera

Una specialità della provincia di Chieti, in cui prevale il sapore rustico della farina di farro e delle mandorle abbrustolite e l’aroma della grappa. Solitamente si mangiano a fine pasto, in occasione delle feste, insieme a un vino dolce o un liquore.

Gli ingredienti di base sono farina 00, farina di farro, uova, mandorle, zucchero, cioccolato fondente, burro, grappa, semi di anice (in alcune versioni sostituiti dal liquore all’anice), lievito. Come prima operazione si tostano le mandorle intere e si uniscono alle uova già sbattute insieme allo zucchero. Si trita il cioccolato grossolanamente e inserisce nel composto. Poi si aggiungono le due farine miscelate e setacciate, il burro a temperatura ambiente, i semi di anice la grappa e il lievito. Nel caso in cui si utilizzasse il liquore all’anice, si deve aumentare leggermente la quantità di farina. Una volta pronta la massa, che deve essere compatta, si formano delle strisce da 10-12 centimetri da infornare per 20 minuti circa a 180 gradi. Una volta dorate in superficie, le strisce devono essere tagliate a fette sottili e biscottate per altri 10 minuti alla stessa temperatura.

 

lingue di suocera vecchio fornoLingue di suocera del Vecchio Forno

 

Mostaccioli

Abbiamo già parlato in diverse occasioni dei mostaccioli, diffusi un po’ in tutta la penisola, in particolare in Umbria, Campania, Molise, Calabria, ma anche Sardegna e Lombardia. Dati i legami fra le due regioni, questa ricetta avvicina molto quella molisana, tranne che per la presenza dell’olio extravergine d’oliva. Anche in questo caso prevale l’aromatizzazione alla cannella e (in alcune versioni locali) dei chiodi di garofano, mentre la croccantezza dei biscotti è data dalle mandorle tritate ma anche dalla glassa al cioccolato fondente. A volte all’impasto viene aggiunta una piccola parte di mosto cotto, che dà il nome a questi dolcetti, ormai caduto in disuso in quasi tutte le ricette.

Provate a prepararli a casa con farina, cioccolato fondente, zucchero, uova, miele liquido, mandorle tritate grossolanamente, olio evo, lievito, cannella e chiodi di garofano. 

 

mostaccioli abruzzesi

 

Pepatelli

Anche questi biscotti si trovano tanto in Molise che in Abruzzo e, in particolare nella provincia di Teramo. Sono dolcetti dal sapore deciso, che si preparano nel periodo natalizio, ma ormai si possono reperire in diversi periodi dell’anno. La differenza con la ricetta molisana sta nell’uso della farina ditritello che, insieme a crusca, cruschello e farinaccio, fa parte dei sottoprodotti della macinazione del grano duro, ottenuti secondo i diversi gradi di molitura. In alternativa si può usare la farina integrale.

La ricetta prevede farina di tritello (a volte mescolata con una piccola parte di farina 00 per un sapore più leggero), miele, buccia d’arancia e, naturalmente, pepe in abbondanza.  Si inizia dal miele, che deve essere riscaldato in un pentolino fino al bollore. A questo punto si immergono le mandorle pelate e la scorza d’arancia. Si amalgama il tutto e si versa a filo sulla farina, lavorando il composto con una spatola. Infine si aggiunge il pepe ben macinato. Una volta che il composto è omogeneo si stende in un rettangolo dallo spessore di 3 centimetri e lo si inforna a 180 gradi per 10 minuti. Appena inizierà a dorarsi, si tira fuori dal forno e si taglia a fettine di 1 centimetro circa da disporre sulla placca da forno per continuare la cottura per altri 15 minuti circa.

 

Sassi d’Abruzzo o mandorle atterrate

È un prodotto originale che nasce dall'esigenza di impiegare le mandorle spezzate inutilizzabili per i confetti e poi diventato celebre in tutta la regione, con diverse varianti. Sono state inventate dalla famiglia Cicconi, proprietaria di un confettificio di Sant’Egidio alla Vibrata, nella Val Vibrata, in provincia di Teramo. Sono dei piccoli biscotti croccanti, chiamati appunto sassi o mandorle atterrate, che usano frammenti di mandorle tostate (o tritate più che grossolanamente), zucchero, acqua, cacao in polvere, scorza di limone e cannella. In alcuni casi si aggiunge anche mezzo bicchierino di alchermes o caffè. 

Si fa sciogliere lo zucchero in una pentola antiaderente insieme ad acqua (ed eventualmente all’alchermes o al caffè) a fuoco medio. Si uniscono le mandorle e il cacao mescolando continuamente. Una volta che i liquidi si sono ritirati e lo zucchero avrà formato dei piccoli grumi sulle mandorle si toglie dal fuoco il composto e si versa su un piano di marmo (o su un foglio di carta da cucina). Si fa raffreddare il tutto leggermente e si separano le mandorle una ad una, con l’aiiuto di un cucchiaio. Quando sono completamente fredde, le mandorle atterrate sono pronte da servire.

Un’altra variante presente soprattutto a Teramo prevede che si usi anche del cioccolato fondente e che le mandorle siano staccate a “gruppetti” da quattro o cinque, in modo che i dolcetti risultino più grandi. Solitamente vengono serviti dentro a pirottini di carta colorati

 

Spumini

Biscotti semplicissimi, chiamati anchetorroncini, realizzati in maniera diversa secondo la provincia di provenienza. Si mangiano nei mesi invernali, inzuppandoli nel tè o in un liquore a fine pasto. Possono essere a forma di barrette, ricoperti di una glassa fatta con acqua e zucchero, oppure a forma di meringa. Nella versione più semplice si utilizzano solo albumi, mandorle tostate e zucchero, mentre le varianti più ricche prevedono anche la scorza di limone e la cannella.

Ma non diremo altro sul procedimento: è proprio questa la ricetta che ci siamo fatti regalare dalla pasticceria Ferretti di Roseto degli Abruzzi, provincia di Teramo, Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri&Pasticcerie.

 

 

 

Ricetta degli spumini della pasticceria Ferretti di Roseto degli Abruzzi (TE)

 

ingredienti

 

1 kg di albume d’uovo (circa 30)

2,5 kg di zucchero semolato, 

500 g di mandorle a filetto tostate

 

procedimento

 

Montare gli albumi con un terzo della dose di zucchero. Aggiungere il resto in due diverse fasi, continuando a montare. Quando la massa risulta ben gonfia aggiungere le mandorle già tostate. Mettere il composto in una sac à poche e formare delle piccole meringhe su una placca da forno antiaderente. 

Cuocere in forno a 100 gradi per circa 2 ore e mezza. Se necessario fare un prova tagliando a metà un biscottino: il prodotto deve infatti risultare asciutto all’interno. Far raffreddare e servire.

 

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

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Pop up restaurant. I 10 migliori del 2017 secondo la CNN

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Ristoranti aperti per brevi periodi, che danno modo ai clienti di provare nuove esperienze e allo chef di sperimentare e mettersi alla prova, magari imparando da altri colleghi. Sono i pop up restaurant: la CNN ha stilato una classifica dei migliori del 2017.

I pop up restaurant

 

Che siano di un giorno, una settimana o un mese, i pop up restaurant continuano ad attirare l’attenzione dei clienti, in America ma anche in Europa. Per i clienti, rappresentano delle esperienze a tempo limitato, di cui approfittare subito o mai più, mentre per gli chef un pop up vuol dire spesso aprirsi a nuovi stimoli, osservare il lavoro dei colleghi in contesti completamente diversi, caricarsi di energia creativa da sfruttare più avanti, magari una volta tornati a casa. Per questi motivi, la CNN ha deciso di stilare un elenco dei migliori pop up del 2017, dalla Spagna fino a Hong Kong, passando per Porto Rico, Bali e Macao. 

 

1. Malcolm Lee all’Asia Society's Garden Court Cafe, New York

Lo chef Malcolm Lee è attualmente al Garden Court Cafe dell’Asia Society, a New York. Lui è resident del Candlenut, l’unico ristorante di Singapore con una Stella Michelin dedicato alla gastronomia peranakan, che coniuga le tradizioni degli immigrati cinesi con la cucina malese. L’Asia Society di New York celebra questa cucina dal 4 marzo al 7 giugno di quest’anno: protagonista della rassegna è appunto chef Lee, insieme ad altri colleghi di Singapore. Un pop up che ha riscosso molto successo nella Grande Mela e che serve piatti come lo yeye, curry di pollo al cocco con foglie di lime combava, il polpo con salamoia di ananas e achar (una conserva tradizionale la cui ricetta risale a 500 anni fa) o la panna cotta alla crema di cocco e gelatina di pandano.

Asia Society and Museum | New York | Garden Court Café, 725 Park Avenue | tel. +1 212 570-5202 | dal 4 marzo al 7 giugno 2017

 

2. Gli chef dell’Iberostar in tour nei Caraibi

Una serie di cene pop up del gruppo Iberostar nell’arcipelago caraibico (Cuba, Repubblica Dominicana, Giamaica) e in Messico. Alcuni fra i migliori chef al mondo - fra cui Emma Bengtsson dell’Aquavit di New York e Suzette Gresham dell’Acquarello di San Francisco - si stanno dirigendo verso climi più caldi, per far assaggiare la propria idea di cucina agli avventori degli Iberostar Hotels & Resorts. Sono 9 gli chef coinvolti - che insieme contano ben 14 Stelle Michelin- e la varietà di proposte è fortemente diversificata, grazie anche alla provenienza dei protagonisti. Un esempio su tutti? Il giovane chef danese Ronny Emborg (Atera di New York), serve una crema di vongole razor clam (le vongole californiane del genere siliqua patula) con barbabietole e rafano o i bocconcini di manzo con broccoli, wasabi e salsa di midollo affumicato. Il tour inizierà ai primi di giugno e terminerà alla fine di luglio 2017.

Iberostar Hotels & Resorts | Cuba, Giamaica, Repubblica Dominicana, Messico | dal 1 giugno al 31 luglio 2017 | www.iberostar.com/it

 

3. Le cene a quattro mani al Nerua Guggenheim di Bilbao

È il ventesimo anniversario del Guggenheim Museum nella città basca di Bilbao e per l’occasione quattro grandi chef internazionali hanno deciso di proporre una serie di cene a otto mani. Loro sono Bruno Oteiza (Biko), Joan Roca (El Celler de Can Roca), Mauro Colagreco (Mirazur) e Virgilio Martinez (Centrale) e lavorano in tandem con Josean Alija, chef del Nerua. La kermesse di cene-evento è iniziata a febbraio e si chiuderà a settembre: 12 portate per ogni cena, ma anche conferenze, seminari e laboratori aperti sulla cucina degli chef.

Nerua Guggenheim Bilbao | Bilbao | Abandoibarra Avenue, 2 | tel. +34 94 4000430 | dal 1 febbraio al 30 settembre 2017 | www.neruaguggenheimbilbao.com/en

 

4. Test Kitchen, Hong Kong

Un posto che ospita regolarmente pop up restaurant, richiamando a raccolta chef da tutti gli angoli del mondo. Il Test Kitchen di Hong Kong, situato nel vivace distretto di Sai Ying Pun, apre 3-4 sere alla settimana per proporre le specialità di cuochi di fama mondiale e permettere loro di dialogare con i clienti, spiegando la propria visione della cucina, ma elargendo anche consigli su tecnica e prodotti. I prossimi pop up previsti saranno a cura dello chef israeliano Gal Ben-Moshe (Glass Berlin), l’islandeseVictoria Eliasdóttir (del Dottir di Berlino, nominata San Pellegrino young chef per il 2016), l'irlandese Mark Moriarty (Culinary Counter, Dublino).

Test Kitchen | Hong Kong | Sai Ying Pun | Shop 3 Kwan Yick Building | 158A Connaught Road West | www.testkitchen.com.hk

 

5. Archipelago Amigos all’Ubud Food Festival, Bali

Archipelago Amigos riunirà 3 fra i più importanti chef del sud est asiatico a Bali: Louis “Chele” Gonzales del Gallery Vask di Manila cucinerà insieme a due cuochi “locali” come Ray Adriansyah e Eelke Plasmeijer, (Locavore, Bali). Sarà dunque chef Gonzales - che ospita regolarmente pop up grazie al progetto Cross Cultural - a raggiungere i colleghi a Bali in occasione dell’Ubud Food Festival previsto per il 14 maggio 2017. Il menu degustazione in preparazione celebrerà la cucina dei 3 chef e i prodotti delle nazioni insulari.

Ubud Food Festival | Bali | Ubud | Ristorante Locavore |  Jl. Dewisita | tel. +62 361 977733 |  14 maggio 2017 | www.locavore.co.id

 

6. Lo Sparkling 10 ad Altira, Macao

Una serie di pop up che apriranno a Macao durante il mese di maggio per celebrare diversi tipi di cucine, dalla cucina Nikkei (commistione fra la tradizione del Giappone e quella peruviana) alla cucina cantonese, passando per diverse tradizioni europee (francese, spagnola e anche italiana). Protagonisti Gaetan Evrard dell’'Evidence di Tours, Norbert Niederkofler del St. Hubertus di San Cassiano in Badia, Kirika Oi del Nobu di Manila e Ryan Clift del Tippling Club, Singapore. L’occasione è il decimo anniversario dell’Altira di Macao.Aperti sia a pranzo che a cena per quattro alla settimana, gli chef ospiti saranno affiancati da alcuni fra i più famosi barman al mondo, che avranno il compito di abbinare le bevande alle specialità culinarie.

Altira | Macao | Avenida de Kwong Tung | tel. +853 2886 8866 | maggio 2017 | www.altiramacau.com

 

7. I newyorkesi Root & Bone al Wyndham Grand, Porto Rico

Rote & Bone è un food magazine gratuito, pubblicato da un team di chef, designer e fotografi londinesi. Dietro al progettoJeff McInnis e Janine Booth,entrambi ex partecipanti del programma Top Chef e finalisti del James Beard Award. I due hanno deciso di celebrare la cucina sudamericana a Porto Rico, per la precisione al Wyndham Grand Rio Mar Beach Resort. Fino ad agosto 2017 qui si potranno assaggiare piatti come le uova alla diavola ubriache o i “biscotti di mamma” con jus di pollo, oltre a prodotti particolari come il formaggio di mango bianco.

Wyndham Grand Rio Mar Beach Resort | Porto Rico | Rio Mar Boulevard, Rio Grande | tel. +1 787 888 6000 |www.wyndhamriomar.com

 

8. Le Epicurean Exploration a bordo della Windstar

Una crociera che parte da Dublino e arriva a Lisbona rappresenterà un’occasione unica per assaggiare la cucina di Hugh Acheson, protagonista qualche anno fa di un pop up in Galleria a Milano, con il James Beard Restaurant. Il viaggio di 10 notti prevede la visita agli allevamenti di ostriche irlandesi, alle regioni del cognac e la possibilità di assaggiare alcuni fra i migliori porto. La Windstar Legend percorrerà anche il fiume Garonne, Francia, per portare gli ospiti a visitare i vigneti della rinomata regione del Médoc. Sarà dunque lo chef Acheson a preparare il menu giornaliero per i visitatori a bordo, basandosi sui prodotti assaggiati durante il viaggio. Inoltre, per gli appassionati di vino sono  previste diverse degustazioni guidate con il sommelierSteven Grubbs.

Epicurean Exploration | James Beard Foundation | partenza prevista per il 15 agosto, 2017 dal porto di Dublino | www.facebook.com/events/1250731941701040

 

 

9. Cene a quattro mani all’Amber Restaurant del Mandarin Oriental, Hong Kong

Anche l’Amber Restaurant del Mandarin Oriental di Hong Kong ospita spesso pop up di chef internazionali, fra cui Ferran Adria e Corey Lee. Per la stagione estiva 2017 il culinary director Richard Ekkebus ha deciso di volgere lo sguardo verso sud, in particolare alla cucina australiana, invitando Dan Hunter del Brae Restaurant, celebre - oltre che per l’alto livello della proposta gastronomica - anche per essere circondato da 30 acri di giardini e frutteti biologici. Lo chef australiano cucinerà con i prodotti locali, biologici e – laddove possibile – a km 0, cimentandosi per la prima volta con la cucina di Hong Kong per tutto il mese di giugno 2017.

Amber Restaurant 7 | Hong Kong | The Landmark Mandarin Oriental | 15 Regina Road Central | tel. +852 2132 006 | www.amberhongkong.com

 

10. Tali Wiru a Uluru, Australia

Nella lingua dei pitjantjatjara, gli aborigeni  del Deserto Centrale, tali wiru significa “bella duna”. Questo open-air pop-up promette un menu unico a base di antichi prodotti del territorio, servito sulle dune e sulla roccia. Sono diversi gli chef che parteciperanno al progetto, tutti di provenienza locale. Con il suggestivo panorama del deserto a fare da cornice ci saranno aperitivi, cene di 4 portate e racconti tratti dalla cultura indigena. Un’occasione unica per assaggiare una cucina insolita, con piatti tipici delle tribù pitjantjatjara rivisitati per l’occasione.

Tali Wiru | Yulara NT | 175 Yulara Dr | tel. +61 2 8296 8010

 

www.edition.cnn.com/2017/05/04/foodanddrink/culinary-pop-ups-around-the-world

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggio all'insegna del bere bene: 4 interessanti eventi dedicati al vino

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Maggio: tempo dei primi caldi e di germogliamento delle viti. E mentre l'attesa per i nuovi frutti si fa sempre più trepidante, appassionati ed esperti di tutta Italia si impegnano a diffondere la cultura del bere bene attraverso eventi specializzati. 

Naturale – Salone del vino artigianale - Capestrano (AQ)

Continua a destare l'attenzione di sommelier, produttori ma anche dei consumatori più attenti all'ambiente il vino naturale, prodotto in maniera sostenibile ma che non rinuncia al gusto. E cresce di conseguenza anche il numero di eventi dedicati: ne è un esempio il Mercato dei Vini di Roma, festival organizzato da FIVI che si propone di radunare i migliori produttori naturali nazionali, in scena il 13 e 14 maggio 2017, come vi avevamo già anticipato qui. Nello stesso fine settimana, in Abruzzo, il Salone del vino artigianale, giunto quest'anno alla sesta edizione, chiama a raccolta diversi vignaioli indipendenti, da Nord a Sud. Un viaggio nell'articolato universo vitivinicolo, fatto di assaggi liberi, degustazioni guidate e seminari, rassegna di grandi etichette, uniche come le annate, i territori e le persone che le producono. A ospitare l'evento è il Convento di San Giovanni di Capestrano, in provincia di L'Aquila, struttura di metà Quattrocento completamente immersa nel verde più incontaminato dell'Appennino. Tante bottiglie in assaggio, accompagnate dalle specialità gastronomiche del territorio realizzate da piccole aziende artigianali locali. Degustazioni a parte, durante la manifestazione sarà possibile partecipare a due seminari con Sandro Sangiorgi, fondatore della casa editrice Porthos Edizioni e dell’Associazione Porthos racconta, che spiegherà le basi dell'analisi sensoriale, offrendo ai visitatori un approccio emozionale e profondo all'assaggio del vino.

Le anime del Verdicchio 2017 - Roma

È tutta dedicata al bianco marchigiano per antonomasia la fiera capitolina del prossimo 11 maggio: Le Anime del Verdicchio torna per il secondo anno consecutivo all'hotel Westin Excelsior di Roma, portando nella Capitale il gusto delle diverse sfumature del vitigno più amato delle Marche. A organizzare l'evento, la redazione di Cucina & Vini che, in collaborazione con l'IMT, Istituto Marchigiano di Tutela Vini, raduna per l'occasione oltre 60 etichette diverse. Una giornata per riscoprire la cultura enogastronomica delle Marche a tutto tondo, a cominciare dal Verdicchio – sia nella denominazione di Jesi che in quella di Matelica – per finire con i prodotti tipici del territorio che potranno essere degustati in abbinamento, dai cartocci di cremini alle olive ascolane fritte al momento, dal salame di Fabriano alla schiaccia marchigiana farcita con i salumi locali. Un'occasione unica per confrontarsi con le tante anime del vitigno che, come spiega il direttore di Cucina & Vini Francesco D'Agostino, “si distingue per un linguaggio estremamente riconoscibile, per livelli medi di qualità molto alti e per vette di straordinario valore, carattere e longevità che lo rendono il più importante bianco d'Italia e lo pongono nella ristretta cerchia dei grandi vini bianchi del mondo”.

Vino e Arte che passione! - Roma

Fra i legami più indissolubili che contraddistinguono il mondo dell'enogastronomia, un posto d'onore lo merita sicuramente quello con l'arte. Da sempre, l'atto del mangiare e del bere viene catturato nelle opere di grandi artisti, assumendo così un ruolo che supera la dimensione puramente nutrizionale del pasto, sconfinando nella sfera emotiva, culturale e sociale di una comunità. Ed è proprio questa stretta interrelazione fra vino e arte che la manifestazione ideata da CT Consulting Events si propone di sottolineare. Con l'obiettivo di riunire in uno stesso spazio le migliori aziende vinicole e le collezioni d'arte privata, Vino e Arte che passione! torna domenica 21 maggio per una seconda edizione all'insegna del gusto nel Casino dell'Aurora Pallavicini, gioiello del barocco romano degli inizi del Seicento situato all'interno del complesso architettonico di Palazzo Pallavicini Rospigliosi, in passato sede delle Terme di Costantino, proprio di fronte al palazzo della Presidenza della Repubblica. Oltre 50 realtà produttrici saranno protagoniste di una degustazione organizzata in concomitanza con una visita guidata alle opere d'arte. Saranno l'affresco de l'Aurora di Guido Reni, i dipinti di Luca Giordano, Annibale Carracci, e tutte le sculture della sala centrale, dalla Minerva alla Diana cacciatrice, a impreziosire ancora di più gli assaggi. Non mancheranno, inoltre, due seminari dedicati alla degustazione di olio extravergine di oliva a cura di Simona Cognoli, proprietaria di Oleonauta, oleoteca nel cuore di Ostia Lido, Roma.

Cantine a Nord Ovest – evento itinerante

Nell'Italia Settentrionale è Slow Food Piemonte e Valle d'Aosta a organizzare la manifestazione dedicata al vino che coinvolge ben cinque località diverse. La serie di appuntamenti è cominciata lo scorso marzo e, dopo il successo delle prime tappe, Cantine a Nord Ovest continua ora il suo percorso per promuovere i vini del Piemonte, da quelli più noti come Barbera e Dogliani a quelli meno conosciuti come il Timorasso, Gavi, Grignolino ed Erbaluce. Si comincia il prossimo 7 maggio a Caluso, Torino, con una giornata dedicata all'Erbaluce e si prosegue poi domenica 28 a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, dove andrà in scena un evento focalizzato sul Grignolino. E così via fino all'8 ottobre, giorno in cui la manifestazione farà la sua tappa conclusiva a Dogliani (Cuneo), per valorizzare l'omonimo vino locale. Passando per altre due province alessandrine, Tortona e Novi Ligure, per un totale di cinque diversi comuni. Un festival originale che offre ai più curiosi l'occasione di scoprire non solo profumi e sapori nuovi, ma anche paesaggi mozzafiato, territori affascinanti, prodotti gastronomici di nicchia e ricette della tradizione regionale.

Cantine a Nord Ovest | evento itinerante | dal 7 maggio all'8 ottobre 2017 | cantineanordovest.com/

Le anime del Verdicchio | Roma | via Veneto, 125 | 11 maggio 2017 | www.cucinaevini.it/le-anime-del-verdicchio/

Naturale – Salone del vino artigianale | Capestrano (AQ) | 13-14 maggio 2017 |  www.naturalesalonedelvino.it

Vino e Arte che passione!  | Roma | via Ventiquattro Maggio, 43 | 21 maggio 2017 | www.facebook.com/events/408017652912427/

a cura di Michela Becchi

 


L'ABC di Enos. Progetto didattico tra alimentazione, culture e vite

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Metti insieme una food writer ex ristoratrice e una produttrice di vino, e avrai un'iniziativa per e con i bambini. Per permettere loro di conoscere il valore dell'alimentazione e dello scambio

Ci sono due progetti diversi che si intrecciano in ABC di Enos. Quello di integrazione culturale attraverso il cibo, ABC (che sta per Bambini tra Alimentazione e Culture), e quello che ha come obiettivo riuscire a orientare i più piccoli nel mondo della viticoltura attraverso un personaggio immaginario: nonno Enos, che poi troppo immaginario non è dato che prende le mosse all'interno dell'azienda Falesco. Dove Dominga Cotarella, vertice commerciale dell'azienda oltre che figlia di Riccardo e nipote di Renzo - due assi dell'enologia italiana - ha creato questa figuretta che, dal 2014, gira con la sua bussola “per aiutare i più piccoli a trovare la strada della passione che spinge e guida tutti gli altri sensi”, facendo conoscere ai bimbi i segreti della campagna e dei suoi frutti, primo tra tutti la vite. Così dall'unione di ABC, progetto nuovo di zecca di Catia Sulpizi, e di Enos, nasce una nuova iniziativa con e per i bambini per permettere loro di crescere e scoprire, giorno dopo giorno, il valore della conoscenza, dell'alimentazione, dello scambio e dell'amicizia. Il risultato? Bambini tra Alimentazione e Culture accompagnati da nonno Enos.

Le prime tappe del progetto

Troppo in una cosa sola? Non si direbbe a guardare la prima uscita del progetto, durante Internazionali BNL d’Italia fino al 20 maggio 2017 al Foro Italico di Roma, che ha colonizzato alcune aree intorno ai campi con spazi per giochi e laboratori tutti dedicati alla cultura, al cibo e alla conoscenza dell'altro. “Le attività sono per i bambini a partire dai 5 anni” spiega Catia Sulpizi “laboratori di cucina in cui, insieme alle ricette, si spiega quel che significano e da dove nascono. Così i piatti indiani, con tutte le loro spezie, sono un'occasione per raccontare un po' di storia e di cultura di quel Paese, e lo stesso per quella cinese, dove bacchette e sapori sono stati il veicolo per scoprire una cultura molto diversa dalla nostra, che si esprime nella scrittura attraverso gli ideogrammi” e aggiunge, “i bambini hanno anche imparato a scrivere il loro nome in cinese”.

Identità culture e colture

Si parte dalla nostra identità, che è quella legata alla terra e alla campagna, al cibo e alla tavola” spiega ancora Catia Sulpizi, “per arrivare alla conoscenza dei nostri vicini di casa, con i quali ormai si condivide tutto e in ogni luogo: al parco, a scuola e, ovviamente, a tavola”. E questa spinta all'integrazione e alla conoscenza reciproca è la stessa che si trova anche nei laboratori di casa Cotarella. Per questo, tra le varie comunità di Roma, se ne sono individuate quattro (Cinese, Indiana, Giapponese, Peruviana) diventate protagoniste di questa iniziativa. Quattro “micro etnie”, come le chiamano in questo progetto che ruota tutto attorno al valore del cibo come sintesi di tradizioni e territorio, nutrimento e salute, ma soprattutto come base di “un'integrazione tra culture attraverso la cultura dell'alimentazione”.

Così, per esempio, imparare a realizzare una ricetta con il pomodoro, è la scusa per farne conoscere la pianta, la sua stagionalità, la campagna e il territorio in cui nasce, e anche un po' di quella storia che porta con sé nel suo viaggio dalle Americhe fino a casa nostra.

L'incontro dei bambini con la campagna rivela un valore educativo fondamentale per lo sviluppo dei più piccoli “come già Maria Montessori aveva intuito nel secolo scorso”. Elemento centrale - in questo percorso rivolto ai più piccoli - la vite, che custodisce il valore dell'attesa, dalla cura e dell'impegno che portano buoni frutti, del rito e di un significato simbolico potentissimo nella vita dell'uomo. In queste lezioni "dalla terra alla tavola e oltre", verrà insegnata l'importanza del cibo e il suo valore materale e immateriale, materia prima preziosa, nutrimento di corpo e anima che non deve essere sprecato. È un itinerario che porta a una maggiore consapevolezza dei consumatori di domani.

 

Un percorso su un doppio binario

Il progetto lavora su due binari: da una parte un ciclo di appuntamenti per grandi e piccini presso lo spazio Incontri in Cucina di Roma. Con l'obiettivo, ancora una volta, di unire la conoscenza del cibo con quella dell'altro: lezioni di cucina dove i ragazzi, oltre a mettere le mani in pasta e realizzare delle ricette, avvicineranno il mondo in cui sono nate. Nascono così gli appuntamenti del ciclo “Oggi scopriamo...” che di volta in volta porteranno virtualmente i partecipanti in Paesi diversi, dal Sudamerica all'Estremo Oriente.

Accanto a questi, alcuni eventi di più ampia portata, che trasporteranno i laboratori all'interno di altre manifestazioni o in spazi diversi, nei quali creare delle sinergie tra la didattica, i bambini e i luoghi che li ospitano. Stand, laboratori e percorsi studiati ad hoc per riunire insieme i bimbi di ogni nazionalità ed etnia intorno al tavolo e non solo. Tra gli eventi, una grande Festa di Primavera ad aprile 2018 e, prima, la Vendemmia in Costume, che si terrà domenica 10 settembre 2017 nella cantina Falesco a Montecchio (TR). Un appuntamento in cui i più piccoli potranno "imparare-facendo: un'occasione per giocare e sporcarsi, correre e sudare, gridare e stancarsi”, pienamente partecipi del progetto ABC di Enos, che li porta alla scoperta della propria identità, non solo gastronomica, mediante il cibo. In programma stand e laboratori, giochi e attività educative che permetteranno di conoscere e incontrare le abitudini alimentari dei romani e di chi è arrivato a Roma da lontano, “i nostri vicini di casa”, e stimolare la conoscenza e la curiosità di tutti. “I laboratori affronteranno temi delicati, come il riciclo, l’educazione al consumo, la filiera alimentare, le allergie, i cicli produttivi, per sensibilizzare al rispetto per la propria cultura e per quella altrui. E lo faranno con un linguaggio adatto ai più piccoli.

Del progetto fa parte integrante la creazione di un portale interattivo, con tutte le informazioni e il racconto del percorso che, tappa dopo tappa, i bambini potranno seguire.

www.abcdienos.com

a cura di Antonella De Santis

TerroirMarche: due giorni alla scoperta del vino delle Marche (con uno sguardo alla Borgogna)

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Per il terzo anno consecutivo i vignaioli naturali marchigiani si riuniscono per raccontare il loro territorio e viniviticoltura, con uno sguardo al patrimonio artistico e culturale della regione duramente colpita dal terremoto del 2016. Non mancano approfondimenti enologici sul vino delle Marche e quello della Borgogna

Partiamo dall'inizio e da un pulmino che dalle Marche si muove alla volta di Montpellier, diretto a Millesime Bio, tra le più importanti manifestazioni enoiche d'Oltralpe riservate alle produzioni biologiche. Su quel pulmino c'è un gruppo di amici, proprietari di aziende vitivinicole marchigiane, che accudisce i propri vigneti nel più totale rispetto dell'ambiente: Aurora, Fiorano, La Distesa, La Marca di San Michele e Pievalta. Siamo nel 2013 e sulla lunga strada tra l'Italia e la Francia si inizia a covare un'idea: perché non riunirsi in un'associazione di vigneron che abbia come scopo un'agricoltura etica, la tutela del territorio e il rispetto del lavoro?

Da 5, quelle aziende oggi sono diventate 16 (negli anni si sono aggiunte Cavalieri, Col di Corte, Di Giulia, Failoni, La valle del Sole, Moroder, Malacari, Pantaleone, Paolini&Stanford, Peruzzi e Vigneti Vallorani) e si sono riunite sotto un Consorzio, TerroirMarche. Ma TerroirMarche è anche il nome del Festival che, giunto alla sua terza edizione, si terrà il 20 e il 21 maggio a Macerata e che vedrà protagoniste le aziende associate.

Vivere la regione

Corrado Dottori è il proprietario de La Distesa e su quel pulmino c'era. Insieme ai suoi colleghi oggi coordina il fitto programma della manifestazione, che nelle precedenti edizioni si è tenuta ad Ascoli Piceno e che quest'anno ha cambiato location. “Dentro l’idea della fiera c’era la volontà di esprimere il legame con la storia, la cultura, i paesaggi della nostra regione. Dopo i due splendidi anni ad Ascoli Piceno abbiamo sondato alcune ipotesi, l’amministrazione comunale di Macerata ci ha proposto spazi davvero bellissimi e abbiamo accettato con entusiasmo” spiega Corrado “Chi viene a TerroirMarche non assaggerà solo dei vini ma vivrà pienamente la regione: Macerata è un piccolo gioiello e gli Antichi Forni, il Teatro della Società Filarmonico Drammatica, Palazzo Buonaccorsi - i tre luoghi della fiera, tutti nel centro storico – sono esempi diversi dell’architettura e della storia locale. Vi era poi fin dall’inizio la volontà di restare in una zona che fosse prossima ai luoghi del terremoto per dare un sostegno concreto e mostrare la voglia di reagire che si respira nel territorio: il maceratese, specie nelle aree interne montane, è stato duramente colpito dagli eventi sismici del 2016, ma contro tutto e tutti si prova a ripartire. Nel nostro piccolo, speriamo di contribuire con questo evento alla ripartenza”.

 

Lo spirito della manifestazione rimarrà quello che ha guidato le precedenti edizioni, ma quest'anno ci sarà qualche novità in più. Infatti, con la collaborazione del Comune di Macerata, si è pensato di spingere maggiormente sul lato culturale dell’evento, grazie alla partnership con Macerata Racconta, con Macerata Musei, con il San Severino Blues Festival: in questo modo le attività enoiche verranno inserite in un più ampio programma che vedrà davvero il “territorio” al centro del discorso: le foto di Mario Dondero, la presentazione del libro I sapori del vino di Fabio Pracchia edito da Slow Food, il concerto di Francesco Pìu di sabato sera, le visite guidate alla città, sono momenti cui teniamo tanto quanto i banchi d’assaggio”.

Gli approfondimenti: dalla viticultura regionale, un ponte con la Borgogna

Oltre alla degustazione libera presso la Galleria Antichi Forni, aperta dalle 11 alle 20, TerroirMarche sarà un fondamentale momento di approfondimento della vitivinicoltura marchigiana. Il programma dei laboratori, che si terranno presso il Teatro della Società Filarmonico Drammatica e che saranno condotti da prestigiose firme del giornalismo enoico (Veronica Crecelius, Simon Woolf, Armando Castagno, Monica Coluccia, Giampaolo Gravina, Alessio Pietrobattista) andrà a declinare le varie sfaccettature dei territori regionali e dei vitigni, con una piccola deviazione verso la Borgogna.

Infatti, proprio i gemellaggi con alcune zone vitivinicole straniere sono tra i punti di forza della manifestazione e offrono spunti davvero interessanti: “TerroirMarche, lo dice il nome stesso, crede che la reale e concreta conoscenza del terroir stia alla base di tutte le grandi zone vitivinicole mondiali. Da questo punto di vista in Italia, salvo pochi esempi virtuosi, siamo ancora indietro. Questa è la ragione per cui vogliamo confrontarci con altri terroir, per attivare forme virtuose di scambio, di contaminazione e – perché no? – di lotta”.

Lo scorso anno, grazie anche allo storico gemellaggio fra le città di Ascoli e di Treviri, è sembrato naturale ospitare alcuni viticoltori della Mosella. “Inoltre”spiega ancora Corrado “quella regione tedesca, producendo principalmente bianchi, ha rappresentato un banco di prova interessante per le Marche che – negli ultimi anni – si è affermata principalmente come regione a vocazione bianchista”. E stavolta tocca al Mâconnais, l'estremità meridionale della Borgogna. “L'idea dietro la scelta di questa regione è stata voler entrare dritti nella storia e nella cultura di chi il “terroir” lo studia da centinaia di anni. Grazie a Giampaolo Gravina, che da anni frequenta quei luoghi, abbiamo compiuto un bellissimo viaggio per impostare la partnership con una associazione che sentiamo molto affine, gli Artisan Vigneron de Bourgogne du Sud. A fine ottobre alcuni di noi vi torneranno per partecipare alla loro fiera cui siamo stati invitati: crediamo che in Francia finalmente si inizi a parlare di vino italiano e a conoscerlo. In larga misura ciò è dovuto soprattutto all’esplosione dei vini naturali lì da loro, come qui da noi”.

 

Ma come si entra a far parte di questo Consorzio? “Ci sono due vincoli: il primo è fare tutta la filiera, essere cioè 'vignaioli' veri, non comprare uve o vino ma vinificare le proprie uve. In secondo luogo richiediamo la certificazione bio. La certificazione deve essere considerata come un 'livello minimo', nel senso che in realtà molti di noi sono già molto oltre il semplice biologico: troppo spesso anche il bio viene interpretato in modo 'industriale' e 'produttivista'. Noi siamo per la naturalità e la sostenibilità autentiche. Ed è per questo che abbiamo sentito l'esigenza di creare questa nuova realtà”. C'era bisogno di un'iniziativa come questa? I Consorzi non bastano? “Oramai sono venuti meno alla loro primitiva funzione di 'tutela'. Con l’avvento delle Dop sono più che altro diventati delle agenzie di promozione e tutelano un marchio, più che un territorio. Sentivamo il bisogno di un luogo collettivo dove una testa valga un voto, dove si possano fare delle lotte ambientali, dove ci sia un reale mutualismo contadino, dove i soldi investiti possano andare anche in ricerca e sviluppo e non solo in promozione e commercio”. A che punto siamo? “La strada da fare è ancora tanta; abbiamo molte idee per il futuro e alcune di queste riguardano proprio l’estero. Vorremmo, ad esempio, trovare il modo di esportare il format dei nostri laboratori in qualche capitale straniera ma per il momento quello che abbiamo fatto in questi quattro anni ci riempie di orgoglio”.

 

TerroirMarche | Macerata | 20 e 21 maggio | Antichi Forni - Teatro della Società Filarmonico Drammatica - Palazzo Buonaccorsi | http://www.terroirmarche.com

 

 

Aurora (Offida – AP) http://viniaurora.it/

Fiorano (Cossignano – AP) http://www.agrifiorano.it/

La Distesa (Cupramontana – AN) http://www.ladistesa.it/

La Marca di San Michele (Cupramontana – AN) http://www.lamarcadisanmichele.com/

Pievalta (Maiolati Spontini – AN) http://www.pievalta.it/

Cavalieri (Matelica – MC) http://www.cantinacavalieri.it/it/

Col di Corte (Montecarotte – AN) http://www.coldicorte.it/it/

Di Giulia (Cupramontana – AN) http://www.digiulia.it/

Failoni (Staffolo – AN) http://www.failoni.it/

La Valle del Sole (Offida – AP) http://lavalledelsoleoffida.com

Moroder (Ancona) http://www.moroder.wine/

Malacari (Offagna – AN) http://www.malacari.it/

Pantaleone (Ascoli Piceno) http://www.pantaleonewine.com/

Paolini&Stanford (Offida – AP) http://www.pswinery.it/

Peruzzi (Monteroberto – AN) http://www.spumantebio-peruzzi.it/

Vigneti Vallorani (Colli del Tronto – AP) http://www.vignetivallorani.com/

 

a cura di William Pregentelli

“Giovani, investite sull’extravergine. Si può”. Quando il ritorno alla terra ripaga

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Dall’Umbria un oliveto modello, sintesi di tradizione, territorialità e di avanzate tecnologie. Protagonisti due giovani fratelli di Trevi e un agronomo. Obiettivo: meno costi, più qualità, più olio per le famiglie… 

Non è facile trovare chi è disposto a investire in 20 ettari di oliveto nuovo, tutto da impiantare. Eppure, i due giovani fratelli Gaudenzi, Stefano e Andrea, hanno deciso di puntare tutto sull’olio extravergine di oliva. Certo, loro sono figli d’arte, ma Francesco – il papà – si occupa prevalentemente del frantoio, uno dei più blasonati nell’agro di Trevi (anche quest’anno hanno avuto le Tre Foglie nella guida Oli d’Italia 2017). Loro due hanno preso in mano l’azienda agricola e si sono messi a coltivare olivi. L’extravergine è un prodotto tradizionale, antico, ma come lo conosciamo oggi, come possiamo assaggiarlo oggi non è mai esistito nella storia dell’umanità.


Tradizione e hi-tech

Stefano e Andrea, pur nell’alveo della tradizione olearia umbra, puntano proprio a questo: fare sempre meglio, avere un olio sempre più buono, percorrere un percorso fatto di rispetto massimo per l’ambiente, sostenibilità e alta tecnologia. Questo per avere olive migliori, ma anche per avere più produzione senza scalfire – anzi aumentando – la qualità del prodotto. E per qualità si intende un olio assolutamente privo di difetti, vivo e vitale, con un bel carico di biofenoli e dal profilo organolettico importante. Insomma, olio umbro, ma di nuova generazione. A partire dalla possibilità di non entrare quasi per niente nell’oliveto con mezzi meccanici, limitare al massimo le emissioni di CO2, gestire il controllo delle piante e dei cicli vegetativi da remoto (tramite sensori e computer), utilizzare bioindicatori importanti per prevenire anziché correre a curare. Un grande investimento che i due fratelli, insieme all’agronomo Andrea Sisti, ci raccontano dal loro stand presso il Sol di Verona.

 

a cura di Stefano Polacchi

GasTrOnomica al Salone del Libro di Torino 2017. Buono da mangiare... E da pensare

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Dal 18 al 22 maggio il Lingotto ospiterà la trentesima edizione della manifestazione dedicata all'editoria internazionale e al piacere della lettura. All'esordio il format di Slow Food su racconti di cibo, biodiversità, cultura alimentare e consapevolezza a tavola. Gli appuntamenti. 

Leggere (e parlare) di cibo

Dove la bibliodiversità incontra la biodiversità, recita lo slogan di GasTrOnomica. E allora cominciamo a contestualizzare, cogliendo i riferimenti più espliciti: si parlerà molto di libri, garantendo spazio a una pluralità di opinioni e pensieri in libertà; e altrettanto di cibo buono, da mangiare e da pensare. Un intreccio fruttuoso tra dimensione letteraria e tavola di qualità per presentare al Salone del Libro di Torino – la 30esima edizione si apre al Lingotto tra pochi giorni, dal 18 al 22 maggio – la migliore editoria gastronomica, chiamando a raccolta tante personalità del settore che “condividono l’idea che il cibo debba essere sostenibile lungo tutta la sua filiera, da chi lo produce a chi lo consuma”. Il format esordisce quest'anno nell'ambito del più importante appuntamento italiano dedicato a chi ancora coltiva il piacere della lettura, con un nutrito calendario di incontri rivolti al pubblico generalista e ai professionisti. L'area dedicata troverà spazio all'interno del Padiglione 1, articolata in due zone tematiche complementari: Cultura Gastronomica e Officina Gastronomica. La prima delle due sarà piazza per riflettere su sostenibilità e tutela della biodiversità, agricoltura innovativa e filiera consapevole. Temi legati al consumo alimentare spiegati dagli addetti ai lavori, chef, pizzaioli, osti e imprenditori in un confronto diretto con gli autori, da Philippe Daverio Carlo Petrini, da Dario Bressanini Giovanni Nucci, a Simran Sethi. L'Officina, invece, è riservata ai professionisti che vogliono aggiornarsi su temi e problemi dell'editoria gastronomica: l’analisi delle tendenze, del successo di trasmissioni televisive legate al mondo del cibo, dall’importanza dei libri illustrati ai blog di ricette. Ma ci sarà spazio anche per i laboratori didattici, dedicati a bambini, scolaresche e famiglie. E per non dimenticare la manifestazione che ospita il format, Gastronomica sarà pure contenitore di una Libreria gastronomica internazionale che mette in fila una rappresentanza dei più importanti editori di settore dal mondo, con nuove uscite e best seller da sfogliare e acquistare. Per l'Italia Slow Food Editore (che supervisiona il progetto e presenterà al Salone la nuova collana Slow Life, ricettari attenti a stagionalità, salute, sicurezza alimentare), Gribaudo, Guido Tommasi, Gambero Rosso, Giunti, Edt.

 

L'agenda. Appuntamenti da non perdere

Tra gli appuntamenti in programma, giovedì 18 si parla di Geometria del Panino con Alessandro Frassica, Alberto Capatti e Anna Prandoni, ma pure di Pasta e Pizza senza confini in compagnia di Eleonora Cozzella, Marzia Buzzanca, Tania Mauri, Alessandra Guigoni, Matias Perdomo e Antonio Puzzi. Alle 12 il laboratorio per bimbi dai 6 ai 10 anni Alla scoperta delle api. E alle 15 il Ritratto del cuoco giovane con Marco Bolasco, Stefano Cavallito, Alessandro Lamacchia, Anna Morelli, Paolo Vizzari.

Venerdì 19 si riflette sullo spreco alimentare con il Banco Alimentare del Piemonte e Comieco, e nel pomeriggio l'Officina ospita un focus su fermentazioni e cottura a bassa temperatura. Ma si parla anche di viaggi e cibo, ristorazione collettiva intelligente, cucina mediterranea e terapie oncologiche.

Nella terza giornata, sabato 20, editori a confronto sul palco, degustalettura con Adriano Giannini, il dialogo tra narratori che amano il cibo, lo scrivono e lo descrivono con Matteo Codignola, Sara Porro, Luca Iaccarino, Giovanni Nucci.

Domenica 21 è il giorno delle sante pietanze, della digressione sul mondo del vino con Tiziano Gaia, Luigi Moio e Fabio Pracchia per imparare nuovi modi di degustare, del binomio cibo e arte accompagnati dalla narrazione di Philippe Daverio.

Si chiude lunedì 22 con la critica “ a km 0”, il laboratorio per conoscere e degustare il burro, il Trattato sui vini di Arnaldo da Villanova, ricettario alchemico per l'elisir di lunga vita.

 

Gastronomica al Salone del Libro | Torino | Lingotto, Padiglione 1 | www.salonelibro.it/it/salone-2017/gastronomica.html

 

a cura di Livia Montagnoli

Sourced Market a Londra. Storytelling e produttori indipendenti per il farmer's market con cucina di città

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Dal 2009 a oggi Ben O'Brien e i suoi soci hanno aperto quattro punti vendita in città, tutti dedicati all'honest food, prodotti di qualità selezionati con uno scouting serrato tra i produttori indipendenti di Londra e dintorni. La storia comincia in tempi non sospetti alla stazione di St. Pancras, fino alla recente apertura di Barbican, che conferma il modello vincente dello store con cucina dell'orgoglio gastronomico inglese. Modello Eataly? 

Il mercato “contadino” di St. Pancras

Per risalire alle origini del progetto bisogna tornare indietro al 2009, quando ancora la soglia di sensibilità verso filiera corta e biodiversità alimentare era piuttosto bassa. Tempi pioneristici. E l'orizzonte di produzioni bio e politiche di educazione alimentare decisamente limitato. Eppure il primo Sourced Market, a Londra, intercettava un fenomeno destinato a crescere in modo esponenziale, sfruttando come trampolino di lancio il palcoscenico di una delle più importanti stazioni ferroviarie cittadine. E anzi rispondendo proprio all'esigenza di centinaia di pendolari in transito ogni giorno tra scale mobili e pensiline: poco tempo a disposizione, un panino al volo, due o tre acquisti per la cena da mettere in tavola dopo una giornata di lavoro. L'idea, dunque, quella di riunire in un unico spazio il meglio delle produzioni locali: prodotti freschi, conservati e bevande di qualità, etici e sostenibili, sugli scaffali di un food market urbano ispirato ai mercati contadini. Prima tappa la stazione di St. Pancras, con vendita al dettaglio e somministrazione di cibo e bevande, caffè, birre artigianali e vini naturali, panini e piatti leggeri per una pausa pranzo veloce.

Sourced Market. L'idea

Il progetto, in realtà, risale al 2007, quando tre soci in arrivo dall'industria della musica – Ben O'Brien è il motivatore del gruppo -  muovono i primi passi nel settore del cibo di qualità, ispirati da produttori (e prodotti) del Borough Market. E allora perché non portare i piccoli produttori indipendenti inglesi su nuovi palcoscenici, al cospetto di una platea assai più trasversale? Seguono due anni di lavoro intenso, ricerca e studi di fattibilità che portano allo sviluppo del format inaugurato a St. Pancras nell'estate 2009. Nel 2016 lo store contadino replica a Marylebone Lane (con uno spazio indipendente dal design curato, grande isola centrale per la somministrazione, cantina, beershop e tap room al piano interrato) e Victoria (in Buckingham Palace Road, con isole tematiche per zuppe e stufati, charcuterie, birra alla spina), fino all'ultima inaugurazione di Barbican, poche settimane fa, dirimpetto al Barbican Centre su Goswell Road.

 

Prodotti e produttori

Come i precedenti, il nuovo arrivato si prefigge il compito di aiutare i consumatori a scoprire i prodotti di realtà indipendenti: a Barbican si servono le birre di Beavertown e il caffè di Origin (a St. Pancras arrivano anche le miscele di The Barn Coffee da Berlino, piccola concessione extraconfine per intercettare un prodotto di alta gamma), i salumi di Cobble Lane, miele da apicoltura urbana e formaggi di produzione locale, zuppe e proposte veg con ortaggi e frutta di stagione. Ma anche prodotti decisamente insoliti, come i marshmallow artigianali di Mellow and Marsh. Con la consapevolezza che molte delle realtà coinvolte, all'epoca della prima apertura, erano ancora sconosciute ai più, alla prima fornitura importante; e oggi, in un contesto decisamente più favorevole all'organic food, hanno spiccato il volo sulla scena londinese. Il menu cambia ogni giorno, a colazione si sceglie tra il latte vaccino in arrivo dalle campagne di Bristol, latte di capra o di mandorla, secondo preferenza. O, in alternativa, succhi e frullati, e la gamma di sodati stagionali di Square Root, al rabarbaro, limone, mirtilli, fiori di sambuco. Dolci e lieviti arrivano dalla Yeast Bakery, il pane dalla Bread Ahead Bakery del Bourough Market. Stessa attenzione per chi vuole fermarsi a pranzo o cena, come per chi preferisce una food box a portar via.

Ma il progetto non si esaurisce qui, perché molto del lavoro di sensibilizzazione verte sulla presentazione dei singoli produttori coinvolti, che sul sito web di Sourced Market sono raccontati uno per uno, con indicazioni utili per reperirli in uno o più punti vendita della catena o contattarli ai recapiti diretti. Chiudono il cerchio gli eventi stagionali e gli incontri con i produttori, masterclass e degustazioni guidate, e un magazine online. Cibo locale e storytelling, dunque... Vi ricorda qualcosa?

 

www.sourcedmarket.com 

 

a cura di Livia Montagnoli

Mangiare lungo la via Francigena. Seconda tappa: da Verrès a Vercelli

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Siamo alla seconda puntata sulla via Francigena, che porta i viaggiatori da Verrès a Vercelli. Un itinerario meno impegnativo dal punto di vista fisico rispetto alla prima tratta, ma ricco di spunti culturali e caratterizzato da paesaggi suggestivi.

 

La seconda tappa: da Verrès a Vercelli

La tappa che stiamo per affrontare contiene al suo interno 5 percorsi, alcuni dei quali più brevi, ideali per chi è meno allenato. Si parte da Verrès e si arriva a Pont Saint Martin (14,8 km), da qui ci si dirige verso Ivrea (21,5 km), oltrepassando il confine regionale. Terzo tragitto è quello che da Ivrea va a Viverone (20,1 km), poi da Viverone a Santhià (16,7 km) e infine da Santhià a Vercelli (26,8 km). Non è un itinerario particolarmente insidioso, per cui è adatto a ogni tipo di camminatore.

 

Da Verrès a Pont Saint Martin, fino a Ivrea

Ultimo tratto della Francigena che percorre la Valle d’Aosta è quello che porta da Verrès (dove finisce la prima tappa) a Pont Saint Martin. Proseguendo da Verrès lungo il tracciato della Dora Baltea, si arriva ad Arnad, dove c’è la chiesa parrocchiale dedicata a San Martino di Tours, in località Arnad-le-Vieux: è una delle architetture religiose più importanti della regione, grazie anche al prezioso ciclo di affreschi antichi custoditi al suo interno. Vale sicuramente una visita. Più avanti, superato il ponte di Echallod, la vista sarà catturata dal maestoso forte di Bard, che domina il piccolo villaggio, uno tra i Borghi più belli d’Italia. Il forte, il cui primo insediamento si presume risalga agli ostrogoti, fu fatto riedificare nel XIX secolo da Casa Savoia sulla rocca che sovrasta il villaggio. Dopo un lungo periodo di abbandono, è stato restaurato negli ultimi anni con interventi ispirati al design e al recupero conservativo e attualmente ospita esposizioni e rassegne fotografiche, oltre a essere sede di tre percorsi permanenti (Il museo delle Alpi, Alpi dei ragazzi e Le prigioni) più un quarto in corso di completamento (Il museo del Forte).

Da Bard si cammina fino all’ingresso di Donnas, lungo la strada romana delle Gallie, prima di arrivare Pont Saint Martin, che prende il nome dal massiccio ponte dedicato a San Martino di Tours, che con i suoi 31 metri di lunghezza attraversa il torrente Lys. Costruito nel I secolo a.C., per quasi 2 mila anni ha consentito il passaggio dalla regione di Eporedia (l'attuale Ivrea) verso la Valle d'Aosta. Sempre a Pont Saint Martin si trovano le rovine dell’omonimo castello, chiamato anche Castellaccio, il castello - quasi intatto - di Baraing e quello di Suzery.

Una volta attraversato il confine regionale, il territorio si addolcisce, con pendenze e dislivelli meno impegnativi. Prima di arrivare ad Ivrea si costeggiano il borgo di Montestrutto e il Castello di Montalto.

 

Pont Saint Martin, AostaPont Saint Martin

 

Da Ivrea a Viverone

Ivrea è una cittadina molto antica: fu fondata intorno al V secolo a.C. dai salassi (un popolo d'origine celtica stabilitosi nel canavese)e chiamata Eporedia, toponimo che potrebbe derivare dalla divinità celtica Epona, tuttora usato dai suoi abitanti. Vale la pena visitare la città ed è immancabile una visita al centro storico, con la sua piazza Ferruccio Nazionale, rinominata così nel secondo dopoguerra per ricordare il partigiano qui impiccato nel 1944. Da visitare anche Piazza del Duomo di Santa Maria, la vicina Chiesa di San Nicola da Tolentino e la piccola Chiesa di San Gaudenzio, in stile tardo barocco. Infine, consigliamo anche una sosta al Santuario di Monte Stella, per ammirare la splendida Cappella dei Tre Re.

Lasciando la cittadina si passa per la Serra di Ivrea, una formazione morenica risalente al Neozoico, che indica la direzione ai viaggiatori. Continuando si superano Bollengo e Palazzo Canavese, fino al suggestivo villaggio di Viverone. Da qui si può già ammirare lo splendido panorama sul lago di Viverone, il posto ideale per fare una sosta rinfrancante.

 

Forte di BardForte di Bard

 

Da Viverone a Vercelli, passando per Santhià

Lo scorcio sul lago di Viverone non abbandonerà i viaggiatori prima di Roppolo, primo paese fuori da Ivrea, sovrastato dal suo castello. Si prosegue in discesa verso Cavaglià - l’unico tratto caratterizzato da una decisa pendenza - fino ad arrivare al Santuario di Nostra Signora del Babilone, struttura del XVII secolo in stile tardo rinascimentale. All'interno, un importante gruppo ligneo della prima metà del XIII secolo, raffigurante L'Adorazione dei Magi.

Tranquille strade di campagna adornate di vigneti portano fino a Santhià, con il suo bel centro storico risalente al ‘600, attraversato dall’antica Viae Longae. Qui si può visitare la Collegiata di Sant’Agata, con la facciata in stile neoclassico, le sei colonne e le volte affrescate da Luigi Hartmann. Di particolare importanza l’antica cripta di Santo Stefano e il campanile in stile tardo romanico, entrambi dichiarati patrimonio nazionale.

 

Vercelli, risaie

Proseguendo il cammino verso Vercelli si attraversano pianure caratterizzate da risaie e specchi d’acqua, oltre da diverse specie di uccelli rari. Gran parte della tappa si svolge su tratturi e strade campestri, fino alle porte di Vercelli, città custode di un ricco patrimonio artistico ed architettonico. Dall’imponente Cattedrale metropolitana di Sant’Eusebio, Duomo della città in stile neoclassico, alla Basilica di Sant'Andrea, vero simbolo di Vercelli, considerata un capolavoro del gotico italiano. Fra le altre, suggeriamo anche una visita alla Chiesa di San Cristoforo, che custodisce un patrimonio di opere pittoriche del '500 di inestimabile valore, e alla Chiesa di San Marco, progettata dal Vittone nel 1754 e diventata uno spazio espositivo. Annesso alla chiesa, il chiostro di fattura gotica e il complesso monastico ora sede del Museo di Arte Civico. Infine, sempre per gli appassionati di arte c’è la ex Chiesa di San Marco, una struttura in stile gotico anch’essa trasformata in spazio per mostre ed eventi, Arca, che ha ospitato le opere di diverse epoche delle Collezioni Guggenheim da tutto il mondo: è in corso attualmente la mostra di Stefano Bressani “Picasso Re Loaded. Verso il Cielo”, che si concluderà a fine maggio 2017..

 

Con Vercelli si conclude la nostra seconda tappa della via Francigena, che ci porterà fino a Roma. Il cammino spirituale, oggi particolarmente battuto da viandanti appassionati di un turismo slow. Ci troveremo per la terza tappa nei prossimi giorni.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA RISTORANTI D’ITALIA 2017

Giardinetto (Vercelli)

Da 25 anni alla guida di questa insegna, la famiglia Siviero è una garanzia per chi vuole assaggiare le ricette locali, con una cucina semplice e senza fronzoli, che valorizza i prodotti della filiera corta con un menu a rotazione. L’ambiente è piacevole, il personale efficiente e pronto a esaudire le richieste dei clienti. Cantina limitata, ma ben strutturata sulla proposta gastronomica.

 

Ramo verde (Carema)

Quasi 100 anni di attività per questo ristorante, una vera e propria istituzione di Carema e dintorni. Da 30 anni alla guida c’è Fabrizio Vairetto, chef e patron, che propone una cucina prevalentemente di terra, dove la tecnica è asservita al sapore, ma che non manca mai di creatività. Sono le carni e le verdure locali a farla da padrone, materie prime freschissime personalmente selezionate da Vairetto. Dalla cantina bottiglie regionali a prezzi onesti e qualche chicca d’Oltralpe. Due Gamberi nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

Paolino (Vercelli)

L’osteria di Paolo Talarico, immersa nei vicoletti del centro storico di Vercelli, ha uno stile retrò, con mobili e complementi d’arredo recuperati e ristrutturati. Dalla cucina un menu in perfetto equilibrio fra terra e mare, con piatti dai sapori precisi e curatissimi nei dettagli. Ottimi i dolci della casa, fantasiosi e golosi. Cantina ampia, con un buon rapporto qualità prezzo e referenze da diverse zone d’Italia. Due Gamberi nell’edizione 2017 della guida Ristoranti d’Italia.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA PIZZERIE D’ITALIA 2017

Da Pupetta (Vercelli)

Dal 1963 Alfonso e Isidoro Giorgio sono un punto di riferimento per il quartiere. Qui la tradizione sposa la ricerca, con gli impasti classici che convivono con le novità, come la pizza con farina di riso o il mix creato ad hoc per la variante al tegamino. Lievitata 48 ore, la pizza è soffice, fragrante e profumata. Dal menu soprattutto proposte tradizionali, ma c'è spazio anche per qualche variazione sul tema. Buona la cantina, con selezione di vini e birre artigianali di produzione locale.

 

La Piedigrotta (Vercelli)

Un giro immenso, quello della famiglia Tagliafierro, che li ha portati da Tramonti, provincia di Salerno, fino in Venezuela, poi negli States e infine a Vercelli. Qui, da 44 anni propongono la loro pizza all’italiana con impasto sottile e croccante e, allo stesso tempo, molto digeribile. I condimenti sono di ottima qualità, quasi sempre declinati nei gusti classici, ma con qualche variazione più fantasiosa, secondo la stagione e l’estro del pizzaiolo. Da bere birre alla spina e una piccola selezione in bottiglia. Due Spicchi nell’edizione 2017 della guida Pizzerie d’Italia.

 

CONSIGLI DALLA GUIDA PASTICCERI & PASTICCERIE

Balla (Ivrea)

Famoso soprattutto per la Torta 900, il cui brevetto è custodito dalla famiglia fin dal 1972, Balla è un grande classico della pasticceria locale. Ma qui si possono assaggiare anche altre specialità come pasticcini, bignè, brioches fragranti e semifreddi. Punto di forza della pasticceria, oltre alla linea di torte, sono le ricette locali come le polentine dolci, gli eporediesi al cioccolato e gli arduini al liquore. Una Torta nell’edizione 2017 della guida Pasticceri & Pasticcerie.

 

Maghi infarinati (Ivrea)

Una famiglia tutta votata alla ristorazione, quella dei Vicina: Claudio è chef del ristorante Casa Vicina a Eataly di Torino, Stefano fa il maître, mentre Corrado ha deciso di dedicarsi alla pasticceria. Un sapiente mix di amore per la tradizione e voglia di stupire lo guidano: qui si possono trovare specialità locali dalle ricette antiche, accostate a creazioni uniche, provenienti soprattutto dal reparto torte. Non perdete le proposte sul cioccolato, declinato in praline, tavolette e tartufi. Due Torte nell’edizione 2017 della guida Pasticceri & Pasticcerie.

 

 

CONSIGLI DALLA GUIDA BAR D’ITALIA 2017

 

Bar Gelateria Ivrea (Ivrea)

Un po’ fuori dal centro, un grande e luminoso locale che serve colazioni già dalle prime ore del mattino, con caffè e cappuccini profumati e intensi, da accompagnare a una grande varietà di lievitati: cornetti con lievito madre, burrosi croissant, fagottini, girelle, sfoglie, crostatine e così via. A pranzo un’ampia scelta con tramezzini, panini, bruschette ma anche piatti freddi e insalatone. Interessante la merenda, con tè e infusi abbinati a biscotti e pasticcini, oppure con una coppa di gelato artigianale. Due Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2016 della guida Bar d’Italia.

 

Bijoux Cafè (Vercelli)

Con la sua atmosfera giovane e informale, il Bijoux Cafè accoglie i clienti a tutte le ore del giorno. Le proposte sono scritte sulla lavagna e il personale è allegro e professionale. Si parte dalla colazione, con caffè aromatici e ben estratti, così come i cappuccini, da accompagnare a brioches con farciture di vario tipo. A pranzo piatti freddi e insalate, ad eccezione della domenica, giornata del ricco e invitante brunch d’ispirazione anglosassone. Si conclude con l’aperitivo: una discreta selezione di cocktail ben preparati, vini al calice e tanti stuzzichini salati. Due Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2016 della guida Bar d’Italia.

 

Taverna & Tarnuzzer (Vercelli)

Un locale storico, aperto fin dal 1830, che ha visto passare generazioni di gestori e fiumi di clienti. Dal 1889 lo guida la famiglia Methier, custodendo la sua storia anche grazie agli arredi originali. Tanta attenzione ai sapori di un tempo, alle preparazioni tradizionali e alle ricette storiche: qui potrete assaggiare dolci come la bicciolana, la tartufata, i biscotti di riso. Il tutto da accompagnare a caffè robusti e armonici e cappuccini cremosi e ben montati. Importante anche l’aperitivo, da consumare nel dehors durante i mesi più caldi, sorseggiando un calice di vino o un cocktail accompagnato da una lunga lista di snack salati. Due Chicchi e Due Tazzine nell’edizione 2016 della guida Bar d’Italia.

 

 

indirizzi

Balla | Ivrea (TO) | corso Re Umberto, 16 | tel. 0125 641327 | www.torta900.com

Bar Gelateria Ivrea | Ivrea (TO) | via Strusiglia, 24 | tel. 0125 615403 | www.facebook.com/pasticceriaivrea

Bijoux Cafè | Vercelli | corso Libertà, 14 | tel. 0161 215300 | www.facebook.com/bijouxcafevc/?rf=141367452577971

Da Pupetta | Vercelli | corso Libertà, 29 | tel. 0161 257784 | www.facebook.com/Da-Pupetta-202366616761686/?rf=263200487113348

Giardinetto | Vercelli | via Luigi Sereno, 3 | tel. 0161 257230 | www.ilgiardinettovercelli.it

La Piedigrotta | Vercelli | corso Libertà, 87 | tel. 0161 254818 | www.facebook.com/La-Piedigrotta-Ristorante-pizzeria-681457111953180/?rf=150364508334536

Maghi infarinati | Ivrea (TO) | corso Botta, 30 | tel. 0125 641112 | www.maghiinfarinati.it

Ramo verde | Carema (TO) | via Torino, 42 | tel. 0125 811327 | www.facebook.com/pages/Trattoria-Ramo-Verde/122126231283222

Paolino | Vercelli | piazza Camillo Cavour, 5 | tel. 0161 214790 | www.facebook.com/Trattoria-Paolino-151834898219402

Taverna & Tarnuzzer | Vercelli | piazza Camillo Cavour | tel. 0161 253139 | www.pasticceriatavernaetarnuzzer.com

 

 

a cura di Francesca Fiore

 

 

Leggi anche Mangiare lungo la via Francigena. Prima tappa

 

 

 

Cena Itinerante Faenza. Tre giorni, 56 cucine estemporanee, arte e cibo a braccetto

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Dal 19 al 21 maggio l’happening gastro-artistico che anima il centro di Faenza festeggia 10 anni con un weekend affollato di cuochi, cucine di strada, artisti e performer. Ecco cosa si mangia e come partecipare, mappa alla mano, alla rassegna emiliana.

Il format. Tra cibo e arte

Una Cena Itinerante che si fa in tre col sostegno di una città che vuole rendere omaggio al proprio patrimonio artistico e gastronomico. Del resto se Faenza può vantare un Distretto ad Alta Densità Artistica (tra corso Saffi, corso Garibaldi, piazza del Popolo e le mura della città), perché non sfruttare questa vocazione per fare spettacolo? La rassegna coordinata da Distretto A Faenza Art District con il patrocinio del Comune e della Regione Emilia Romagna quest’anno festeggia la decima edizione, dimostrazione che scommettere sulla cultura può ripagare degli sforzi. E per il secondo anno consecutivo l’appuntamento si ripete nella formula weekend (che nel 2016 aveva attirato 5mila presenze), dal 19 al 21 maggio, affrontando il tema della Trasparenze, con percorsi “privatamente pubblici” tra arte e cibo. Il motivo del corto circuito tra pubblico e privato è presto svelato: l’itinerario gastronomico si snoderà tra case e giardini privati, laboratori e studi di architettura, ma pure negozi e piazze. Tutti parteciperanno alla festa del buon cibo e della creatività, ospitando postazioni di cucina improvvisate, eventi gastronomici e performance artistiche. A ogni spazio sarà associato uno chef, ospite con una cantina o un birrificio abbinato (tra le realtà più interessanti del territorio), per animare la festa di piazza che prenderà forma in 56 spazi aperti per l’occasione, dalle 19.30 del venerdì.

Cucine estemporanee. Cosa si mangia

Al pubblico il compito di orientarsi mappa – già disponibile online - e bicchiere alla mano, a piedi (o con navetta elettrica) per le vie del centro pedonalizzate: 44 i ristoratori chiamati a rifocillare i “viandanti”, molte vecchie conoscenze della manifestazione e diverse new entry (e spunta anche l’insegna forlivese di Benso, prossimo progetto di Pier Giorgio Parini), oltre agli abituée del Postrivoro, ai Senegal Boys e al pasticcere Sebastiano Caridi. E, tra gli altri, O Fiore Mio, Akami, l’Amburgheria creativa, l’Osteria La Campanara, la Locanda di Bagnara. In ogni tappa un piatto della tradizione o una variazione sul tema: cappelletti al ragù da passeggio, passatelli fritti, crescioni di farina di canapa, piadina con melanzane in porchetta, lardo fuso e mazzancolle arrosto, il bombolone al forno ripieno di ragù di asparagi, raviggiolo e coniglio, il calamaro che si credeva un tortellino, le trasparenze dell’Adriatico e le polpette di selvaggina; ma anche tacos, cous cous e polpettine di maiale all’orientale, con noodle in salsa di lime e chili. E la pizza Dotta di O Fiore Mio: fiordilatte, crema di ceci, mortadella di Bologna.

Incontri, visite d’arte e la colazione della domenica

Il giorno dopo, dalle 18.30, si prosegue con la giovane cucina italiana, quella più promettente: ospiti sul palco Gianluca Gorini e Nikita Sergeev (chiamati anche a proporre un piatto ciascuno), in compagnia degli autori del libro Giovani e Audaci, Paolo Vizzari, Stefano Cavallitto, Alessandro Lamacchia. A seguire aperitivo per tutti con i sommelier a domicilio di NeverWineAlone, e poi le attività della serata, un percorso parallelo tra intrattenimento culturale – con la Notte dei Musei – e cibo di strada, con food truck itineranti, dalla roulotte L’Acciuga alla Beer Ambulance, al Cinemadivino. Chiusura domenicale con la colazione della pasticceria Fiorentini alla Lucero’s House, visite guidate ad atelier, musei e studi di architettura. Evento nell’evento, il concorso social Un quartiere in un bicchiere, dedicato agli utenti di Instagram: chi avrà scattato la migliore foto attraverso la lente di ingrandimento di un calice di vino?

Cena Itinerante Faenza | A Faenza Art District | dal 19 al 21 maggio | www.distrettoafaenza.wordpress.com


Conoscere Asolo attraverso i suoi vini

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Asolo e il tempo quieto della bellezza, le dolci colline e i boschi fitti. Un panorama tutto da gustare a ritmo lento, con l'aiuto di una guida enologica che sa raccontare, zona per zona, ogni angolo di questa regione attraverso i suoi vini.

Viaggiare significa ignorare i fastidi esterni e lasciarsi andare completamente all'esperienza, fondersi con tutto quello che ci circonda, accettare tutto quello che ci succede e così, in questo modo, fare finalmente parte del paese che si attraversa. E questo è il momento in cui si avverte che la ricompensa sta arrivando”. La frase è di FreyaStark, scrittrice inglese, ma soprattutto uno delle più grandi esploratrici del Novecento, che decise di trascorrere ad Asolo l’ultima parte della sua vita. Quell’atmosfera calma e rilassata fatta di vigne, di boschi fitti e colline dolci, con il borgo a misura d’uomo, è “la ricompensa” che Asolo regala ai suoi visitatori insieme al buon mangiare e al buon bere. Da Caterina Cornaro, regina spodestata di Candia, all’attrice Eleonora Duse, dal poeta Robert Browning al compositore Gian Francesco Malipiero, alla scrittrice Ada Negri, fino ad arrivare a Freya Stark: sono davvero tanti ad aver subìto il fascino di questo territorio. Dal 1300, quando passò sotto Venezia, divenne un’area privilegiata non solo per la produzione di vino e di ortaggi ma anche “buen retiro” per la nobiltà che, a partire dal 1500, fece costruire importanti dimore - ville, barchesse, casini di caccia - chiamando famosi architetti (Canova, Palladio, ecc.) che contribuirono ad arricchire ulteriormente il fascino del paesaggio.

 

I Colli Asolani e il Montello

Si tratta di una superficie di circa 20.000 ettari; nelle aree collinari i paesaggi sono più scoscesi e a tratti in forte pendenza, con elevate capacità di drenaggio mentre nelle zone di raccordo della pianura, prevalgono le giaciture marnose e argillose di origine alluvionale. Le differenze di altitudine e di esposizione, un clima temperato con forti escursioni termiche notturne e una piovosità ben distribuita durante l’anno, costituiscono delle condizioni ottimali per la coltivazione di cabernet sauvignon, cabernet franc, carmenere e merlot, tra le uve rosse più importanti, e glera, bianchetta, pinot bianco e chardonnay, tra le bianche. Oltre a queste varietà, sono da segnalare, considerando gli elevati risultati qualitativi che possono raggiungere, sia l’incrocio Manzoni 6.0.13 (bianco) e soprattutto la recantina, un’uva rossa autoctona, da pochi anni recuperata alla produzione.

 

Rocca di AsoloRocca di Asolo

 

Vigneti e vini tipici

In questo quadro l’Asolo Prosecco Superiore Docg occupa un posto a parte. Pur essendo di dimensioni assai limitate (1340 ettari di vigneto) rispetto al vicino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore (circa 7.000 ettari) e ancor di più al confronto con il Prosecco Doc (circa 23.000 ettari) offre caratteri distintivi assai pronunciati e alcune specificità, tra cui le produzioni di Extra Brut (cioè un Prosecco Superiore con un contenuto zuccherino inferiore a 6 grammi/litro)e la versione Col Fondo (Sur lie) cioè un Asolo Prosecco frizzante ottenuto con la rifermentazione in bottiglia e senza la sboccatura dei lieviti, da cui dipende la leggera velatura del vino.

Il Montello Rosso Docg (18 mesi di invecchiamento di cui 9 in legno) e il Montello Superiore Docg (24 mesi di invecchiamento di cui 12 in rovere) viene prodotto nei medesimi comuni dell’Asolo Prosecco Superiore ma le uve, in questo caso, sono le classiche cabernet sauvignon, cabernet franc, carmenere, merlot da cui si ottengono rossi di buona struttura, piacevoli, a volte con dei sentori vegetali più pronunciati. Attualmente è in corso un progetto per lo Studio e selezione di lieviti autoctoni per la valorizzazione del territorio dell’Asolo Prosecco Superiore, patrocinato dal Consorzio. Inoltre nel corso del 2017 è stato condiviso il Protocollo viticolo di Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore che abbraccia tutti gli aspetti della gestione del vigneto, partendo dal presupposto che la difesa della vigna non possa prescindere dalla gestione del terreno e della pianta con l’obiettivo di salvaguardare l’ambiente e nella direzione della sostenibilità.

 

Asolo, vignetiAsolo, vigneti

 

Dove assaggiare e dove mangiare

Da consigliare La Bottiglieria Al Moretto in Piazza Garibaldi, 77 (tel. 340 9099766 - Asolo). Partner del Consorzio Vini Asolo Montello, offre una vasta gamma di vini della zona in degustazione

Per abbinare vini e cibi, Trattoria Moderna Due Mori in Piazza D’Annunzio, 5 (tel 0423 950953- Asolo). Lo chef Stefano Lorenzi (JRE) propone un’ampia scelta di piatti stagionali seguendo la tradizione veneta, pesce, frutti di mare, faraona. Splendido panorama grazie a una parete di cristallo.

 

COSA ASSAGGIARE

 

La recantina, un’uva e un vino da scoprire

Giacomo Agostinetti nel suo libro Cento e dieci ricordi che formano il buon fattor di villascritto nel 1697, cita la recantina tra le migliori varietà coltivate nel trevigiano. Una fama che è durata per tutto l’Ottocento, poi nel Novecento, probabilmente per l’effetto distruttivo della fillossera, se ne perdono quasi completamente le tracce. Ora da qualche anno, alcuni produttori che ne avevano conservato qualche vecchio ceppo, lo stanno riproponendo e anche i vivaisti si sono attrezzati per fornire le barbatelle. Se ne parlerà.

 

Montello Colli Asolani Recantina 2014 Alc. 13% Pat del Colmèl

Rosso rubino, ha profumi di piccola frutta rossa e note di confettura di mirtillo; in bocca il sapore è speziato/fruttato, assai piacevole e lungamente persistente. La famiglia Forner è stata la promotrice, in tempi moderni, della riscoperta e della valorizzazione della recantina. Il vino, in queste caso passa 15 mesi in botte di rovere francese.

 

Recantina Augusto 2015 Alc. 13,5 Giusti dal Col

È un rosso rubino intenso con profumi - lievemente speziati - di prugna e di mora su uno sfondo floreale; in bocca è bello pieno, strutturato, tannini dolci, piacevole anche per l’acidità. Persistenza lunga e fruttata. Le uve recantina vengono raccolte nella prima decade di ottobre e vinificate in acciaio con un contatto tra buccia e mosto-vino di circa 15 giorni. Poi affinamento in legno per almeno 12 mesi.

 

Incrocio Manzoni bianco 6.0.13.

A parte il nome, non particolarmente accattivante, fa riferimento all’inventore il prof. Luigi Manzoni, preside della Scuola Enologica di Conegliano che lo creò per incrocio negli anni Trenta. Il significato di 6.0.13 richiede una spiegazione: il “6” indica il numero progressivo del filare all’interno del vigneto sperimentale di proprietà dell’Istituto enologico Cerletti, lo "zero" identifica la seconda fase degli esperimenti, avvenuta tra il 1930 e il 1935, condotti dal prof. Manzoni, e infine il “13” corrisponde al numero della pianta di vite compresa nel sesto filare. È un vino secco, aromatico, con un’ottima acidità, che può essere vendemmiato tardivamente per ottenere maggiore struttura oppure precocemente per la spumantizzazione. Regge bene l’invecchiamento. È diffuso in tutta Italia ma i risultati migliori vengono dal nord est.

 

Montello e Colli Asolani Manzoni bianco 2015 alc. 13.20 Cantina Cirotto

Paglierino verdolino, aromatico, leggermente speziato, intenso, in bocca ottima struttura, lungamente persistente e con una bella freschezza d’insieme.

 

Incrocio Manzoni 6.0.13 Igt Colli Trevigiani Alc. 13,5% Ida Agnoletti

Paglierino con note di frutta esotica e punte aromatiche di salvia, in bocca è strutturato, sapido, persistente, di beva accattivante e persistente.

 

La Villa di Maser di Andrea PalladioLa Villa di Maser di Andrea Palladio

 

Il ColFondo

È uno vino nato prima dell’invenzione delle autoclavi quando dopo la pigiatura dell’uva, il freddo delle cantine stoppava la fermentazione che proseguiva quando la temperatura risaliva a 10-12°C. Per questo si deve imbottigliare a Pasqua, prima che la primavera e i suoi tepori, si facciano sentire. La base del vino però deve essere perfetta perché una volta messo in bottiglia non può più essere modificato (sboccato o dosato) e solo i lieviti e l’anidride carbonica, svolgono un’azione protettiva.

 

Asolo Prosecco Docg ColFondo 2015 Bele Casel

Un Prosecco profumato e saporito che presenta la caratteristica velatura del colore. Profumi di pera, di pesca bianca, ottenuto da uve glera e vecchie varietà tipiche dei Colli Asolani quali la bianchetta, perera, rabbiosa, marzemina bianca coltivate in regime biologico.

 

Asolo Prosecco Superiore Docg ColFondo Il Brutto 2015 Alc. 11% Montelvini

Versione molto equilibrata dai profumi e sapori, ricchi di sapidità. La sua dote migliore è senza dubbio la beva piacevole grazie anche all’alcolicità e al tenore zuccherino contenuto

 

Asolo Prosecco Superiore Docg Brut Tenuta Amadio

Paglierino con spiccati sentori di mela e note agrumate sul fondo; in bocca molto piacevole, armonico, piacevole ed equilibrato.

 

Asolo Prosecco Superiore Docg Extra Brut Millesimato 2015 Alc. 11% Montelvini

Appena 5 grammi litro di zuccheri, è uno spumante da tutte le ore. Delicatamente profumato ha sentori di mela e fiori bianchi; in bocca è leggero e piacevole e alla fine lascia un gusto fruttato.

 

Asolo Prosecco Superiore Docg Extra Dry Alc 11% La Gioiosa

Certificato Biodiversity Friend, un metodo di controllo che vuole tutelare la biodiversità in campagna, è un Prosecco delicato con note di mela, di acacia e di glicine bianco; in bocca è leggero, morbido e beverino.

 

Villa Spineda Gasparini Loredan di Venegazz nel MontelloVilla Spineda Gasparini Loredan di Venegazz nel Montello

 

Montello Rosso

 

Montello Colli Asolani Rosso Doc San Carlo 2012 Case Paolin

Rosso rubino classico con profumi di ciliegia matura e frutta rossa con note di spezie e di tabacco scuro assai piacevole; in bocca pieno, strutturato, complesso ma di beva piacevole. Da uve cabernet sauvignon 60%, cabernet franc 20% e merlot 20%. Affinamento in barriques per 12-14 mesi di cui almeno 50% nuove.

 

Montello Venegazzù Superiore Capo di Stato 2012 Loredan Gasparin

Un classico grande rosso della zona del Montello. Ricco, opulento, strutturato da uve Cabernet sauvignon, Merlot, Cabernet franc e Malbec. E’ vellutato, con tannini morbidi e dolci, frutti di bosco e spezie.

 

Per info su Asolo vedi www.asolo.it

 

a cura di Andrea Gabbrielli

 

Dead Rabbit at Claridge's. A Londra, il miglior bar del mondo apre per una settimana

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Eletto bar numero uno nel mondo dalla World's 50 Best Bars 2016, il Dead Rabbit è un punto di riferimento per il bere miscelato nella Grande Mela. E ora si prepara ad aprire un locale a Londra, capitale europea della mixology, ma solo per una settimana ad agosto.

The Dead Rabbit Grocery & Grog

Lo scorso ottobre 2016 ha conquistato i giudici della World's 50 Best Bars, classifica che segnala i 50 migliori cocktail bar del mondo. Il Dead Rabbit del duo già consolidato a Belfast Sean Muldoon/Jack Mcgarry è, senza alcun dubbio, il bar per antonomasia di New York, metropoli avanguardista nel mondo dei cocktail che, prima di ogni altra grande città, ha saputo valorizzare la cultura del bere miscelato. Fra i tanti indirizzi della Grande Mela però, quello di Water Street si distingue per le proposte di alta qualità, lo standard elevato delle materie prime, dai distillati alla frutta, la cura maniacale per il dettaglio, nei cocktail ma anche nel design e negli arredi. Un locale originale, dal carattere definito e unico, che si ispira liberamente ai pub irlandesi di antica tradizione, dei quali conserva l'accoglienza, la familiarità e il senso profondo della convivialità, reinterpretando però l'offerta, che si fa sempre più ampia e differenziata. Lo stesso nome fa riferimento a una nota banda criminale irlandese attiva durante la seconda metà dell'Ottocento a Lower Manhattan, e lo stile a fumetti che caratterizza la lista dei cocktail si propone di raccontare la storia del leader della gang, John Morissey, conosciuto anche come Old Smoke. Son of a Gun, Man on the Dancefloor: sono solo alcuni fra i più celebri cocktail del Dead Rabbit, ospitato all'interno di uno storico edificio di Lower Manhattan a tre piani risalente al 1828, ma a rendere il locale una delle insegne più interessanti della città è anche l'offerta gastronomica basata su ricette semplici, piatti minimal ben presentati e una selezione di ingredienti di prima scelta.

Il temporary bar a Londra

Se New York detiene il primato del cocktail bar migliore del mondo, leader indiscusso del bere miscelato secondo l'ultima edizione della classifica è Londra, con 22 locali segnalati fra i primi posti. Ed è proprio nella capitale britannica che i proprietari del Dead Rabbit hanno deciso di aprire un temporary bar in occasione della stagione estiva. Più precisamente a Mayfair, uno dei quartieri più di tendenza della città, dove il locale statunitense di stampo irlandese approderà per la settimana del 15-22 agosto prossimi. Dead Rabbit at Claridge's è il nome scelto dalla dinamica coppia di soci, che per la loro avventura britannica hanno optato per uno degli hotel più lussuosi della capitale, il Claridge's. Psycho Killer, Irish Coffee e tutti gli altri signature drink verranno riproposti al pubblico londinese, alcuni con la stessa ricetta di sempre, altri rivisitati per l'occasione e ripensati per una clientela nuova. Non mancherà, naturalmente, anche la parte della cucina, dai rustici con salsicce di Cumberland allo stufato di agnello irlandese. E poi musica reggae, musica dal vivo e lo stesso menu a fumetti, marchio di riconoscimento del bar.

Dead Rabbit at Claridge's | Londra | Brook St. | dal 15 al 22 agosto 2017 | www.claridges.co.uk/mayfair-restaurants-bars/bars/the-dead-rabbit-at-claridges/

a cura di Michela Becchi

Fivi e il Mercato dei Vini in 19 assaggi da non perdere

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Quella della Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, è una bella storia Italiana ed Europea in cui politica, territorio, dignità del lavoro e coraggio trovano una dimensione specifica ed una capacità d’azione ideale.

Nata il 17 luglio 2008 dall’iniziativa di alcuni Vignaioli italiani sostenuti e incoraggiati dai colleghi francesi, i Vignerons Indèpendants, riuniti da molti anni nella Cevi (Confédération Européenne des Vignerons Indépendants), oggi può contare su 1100 produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di 11.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Quasi 80 milioni di bottiglie commercializzate e un fatturato totale che si avvicina a 0,7 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 280 milioni di euro. Mentre, per quanto riguarda l’aspetto più strettamente agricolo, è interessante notare la ripartizione della gestione degli 11.000 ettari di vigneto, condotti per il 51 % in regime biologico/biodinamico, per il 10 % secondo i principi della lotta integrata e per il 39 % secondo la viticoltura convenzionale.

La Fivi promuove da sempre molte iniziative in vari ambiti del mondo del vino. Tra le più recenti troviamo quella sulla semplificazione del nuovo disegno di legge sull'enoturismo: una materia fondamentale, che necessita di avere una normativa, ma senza inutili complicazioni. Ci sono poi quella sull'obbligo per i Consorzi che si avvalgono dell'erga omnes di fornire una rendicontazione separata per le azioni di promozione della Denominazione e per finire la discussione sui decreti attuativi del nuovo Testo Unico sulla viticoltura e la produzione del vino.

Insomma quello della Fivi è un vero e proprio gruppo capace di viaggiare a passo sicuro in una realtà sempre più grande, importante e complessa come il comparto vitivinicolo italiano ed europeo; con un modus operandi molto chiaro: favorire la semplificazione burocratica e salvaguardare la figura del vignaiolo artigiano dalla speculazione industriale del comparto agro-alimentare.

Il Mercato dei Vini

L’assiduo impegno politico fuori e dentro il parlamento è coadiuvato da un format di successo che è proprio quello del Mercato dei Vini in cui la vera formula vincente (testata in questi anni con molto successo presso la fiera di Piacenza) è rappresentata dal rapporto diretto che i vignaioli possono instaurare con i visitatori. La possibilità di acquistare direttamente i vini assaggiati a un prezzo concorrenziale può essere motivo di interesse, ma non è cero il solo: infatti è proprio in questo tempo e spazio, il mercato appunto, che spesso il nostro paese ha avuto modo di appropriarsi e valorizzare il proprio patrimonio culturale. Il Mercato in Italia è un momento che ha un suo valore antropologico, un luogo fisico dove è ancora possibile praticare una condivisione reale e popolare.

In questo contesto è risultato molto interessante poter assaggiare nelle giornate di sabato 13 e domenica 14 maggio, presso il Salone delle Fontane dell’Eur, i vini dei 212 vignaioli presenti, che per la prima volta nella loro storia sono approdati nella Capitale. Una scelta giustificata proprio dalle parole del Presidente Fivi, Matilde Poggi, che ha sottolineato il valore istituzionale di questa scelta dichiarando che “spostarsi verso sud è per noi una priorità ma anche un significato simbolico. A Roma hanno sede le istituzioni ed è lì che vogliamo far sentire sempre più la voce degli oltre mille Vignaioli indipendenti di tutta Italia”.

Gli assaggi del Mercato dei Vini rappresentano sempre un’occasione unica per scoprire le molte espressioni e interpretazioni del patrimonio ampelografico italiano. Tra questi è sempre possibile trovare le conferme delle molte eccellenze vitivinicole che fanno parte della Federazione assieme a un’esaltante scoperta della novità che fa sentire i più accaniti enofili dei veri e propri Indiana Jones del gusto.

La degustazione

La degustazione ha confermato lo stato di grazia di due grandi vini bianchi italiani, Fiano e Timorasso, e di due rossi, Nebbiolo della Valtellina e il Tintilia del Molise. Molto interessanti, sotto il profilo della bevibilità, alcuni rossi pugliesi mentre il Lazio, la regione ospite, ha dato incoraggianti segnali di vitalità e precisione stilistica. Ma entriamo nel dettaglio.

Bianchi

Estremamente interessante la batteria di vini proposta da Claudio Mariotto, vignaiolo piemontese. Il Timorasso Derthona 2015 colpisce per la grande tensione fresco-sapida dell’assaggio, mentre il Timorasso Cavallina ’15 ha un naso esplosivo e una persistenza infinita di rara completezza. Molto buono anche il Pitasso 2015, floreale e morbido, mentre l’annata 2005 si presenta con una grande complessità olfattiva, note di kerosene e pietra focaia, rotondo e vibrante dai ritorni agrumati con una chiosa sapida e leggermente ammandorlata che ne esaltano il coinvolgente finale.

A Calitri, nell’alta Irpinia, a quasi 800 m slm troviamo i vini di Pierluigi Zampaglione. Il suo Don Chisciotte è un fiano 100% vinificato con macerazione sulle bucce. Due ettari di vigna che producono all’incirca 6000 bottiglie l’anno. La versione 2015 si presenta con un colore tendente al ramato, un naso intenso, agrumato e con sentori di menta mentre al palato è morbido e vellutato. La versione 2009 è un vero e proprio orange wine, complesso e saporito, da intenditori. 

Fondata nel 1996 l’azienda di Luigi Maffini non smette di stupire proponendo sempre dei vini capaci di restituire nel bicchiere la bellezza del vigneto di famiglia a Castellabate nel Parco Nazionale del Cilento. Da questi 11 ettari viene prodotto anche il Kratos 2016, un fiano in purezza: pulito, diretto ed elegante, sapido, agile ed equilibrato.

L’ex Tocaj Untitle 2015 di Villa Job è un vino friulano nell’anima e nell’equilibrio, dalle intriganti sfumature fanè, teso e piacevolmente progressivo. Non delude mai il Soave Classico Calvarino 2015 di Pieropan, in versione smagliante con una bella struttura di bocca e con una progressione al palato sorprendente.

Bollicine

Passando alle Bollicine è la Riserva pas dosé 2010 di Balter a meritare il podio. Un vino complesso e sfaccettato con una carbonica ben espressa ed un ritmo degustativo che tira dritto fino a fine palato mai scevro di avvolgenza ed equilibrio. Ottimo ed appagante.

Rossi

Sul piano dei rossi appare sempre più definita la prova dei vini ArPePe. Un nebbiolo di montagna che la famiglia Pellizzati – Perego restituisce con minuziosità e carattere. Vini golosi e complessi. Ne sono una prova Il rosso di Valtellina 2015, dalla grande bevibilità e L’Inferno fiamme antiche 2012 dal naso verticale e complesso dove note di cannella, rosa e liquirizia lasciano il passo a un sorso dalla bellissima tensione sapida e un tannino deciso ma integrato. Anice, erbe officinali,e goudron invece compongono il naso de Il Sassella Rocce Rosse 2007 Riserva, dal sorso setoso e dinamico con un tannino saporito ed un finale armonico. 

A San Felice del Molise viene realizzato Il Tintilia Macchiarossa 2012 di Claudio Cipressi. Un vino rosso scarico dai bordi granato con una naso dolce, caldo e speziato dotato di un sorso pieno di carattere e corrispondenza.Gianfranco Fino propone un ES 2012 dal naso profondo pieno di frutti rossi, spezie e note ematiche. Al palato è succoso ed equilibrato. Es più sole 2015 è un vero capolavoro, qui i toni si fanno ancora più maturi il sorso si distingue per una morbidezza iniziale che poi lascia spazio ad una freschezza che porta equilibrio e movimento a tutto il palato. Lungo e dal tannino ben levigato lascia la bocca in estasi per molto tempo.

Diametralmente opposto il carattere  de il Volere Volare 2015 di Pietraventosa. Un Primitivo fine, con una lieve nota speziata che lo rende subito capace di farsi amare per il suo carattere delicato e leggero, dalla beva travolgente. 

Il Palistorti rosso 2013 di Tenuta di Valgiano è rubino con un naso speziato e leggermente ematico. Sapido e morbido inizialmente è nel finale che mostra la sua freschezza assieme ad un tannino sornione. Un vino da avere sempre sulla tavola.

Per concludere il Lazio con due belle promesse: il Cesanese di Olevano di Ricciardi- Reale che con il Càlitro 2013 ci propone un naso onesto e mai scontato, dai tratti sapidi e speziati e dal frutto rosso croccante ben espresso con una bella dinamica e corrispondenza al palato. Mentre spostandoci nei pressi di Castiglione in Teverina, nel viterbese, si trova l’azienda Trebotti che con il suo Gocce 2014 Riserva presenta un violone in purezza con note di frutta rossa matura e speziature dolci e toni erbacei. Il sorso è pieno, diretto con un tannino deciso ed una chiusura saporita.

a cura di Emanuele Schipilliti

Swale, la Floating Food Forest sostenibile nelle acque di New York

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Una grande Floating Food Forest nelle acque del fiume Hudson e nei moli di New York. È Swale, la foresta galleggiante sostenibile al 100%, che già l’anno scorso impressionò i turisti e i newyorkesi stessi, ospitando a bordo oltre 6 mila persone.

La Swale per i canali di New York

È partita il 18 maggio dal Brooklyn Bridge Pier 6, con tutto il suo carico di piante, fiori e  sistemi innovativi per l’agricoltura, la Swale Floating Food Forest. Che navigherà nelle acque del fiume Hudson per i tre mesi estivi, attraccando in diversi moli della metropoli. A bordo, oltre alle piante, ai sistemi per innaffiare e riciclare l’acqua, o agli impianti per l’alimentazione solare, anche laboratori, lezioni aperte ed eventi di vario tipo. L’obiettivo primario del progetto è quello di produrre alimenti freschi distribuendoli gratuitamente e in alcuni casi vendendoli, per dimostrare ai newyorkesi la necessità e la bellezza di un sistema che non spreca energie, ma semmai le crea. Si tratta di diffondere il concetto di foresta urbana, spingendo le istituzioni a incorporare nei piani urbanistici sistemi ecosostenibili per l’agricoltura e la produzione di cibo, per il riciclo di acqua e per la produzione di energia elettrica.

 

Come è fatta la Floating Food Forest

Montata su una chiatta lunga 30 metri e larga 9, la Swale nasce da un’idea di Mary Mattingly, creativa americana con una notevole esperienza alle spalle in fatto di floating farm sostenibili. La costruzione della foresta galleggiante è stata finanziata nel 2016 grazie a una campagna Kickstarter (sito web di crowd funding), che ha raggiunto cifre record in pochissimo tempo. Nelle sue serre si coltivano piante come rosmarino, basilico, aglio, cipolle ma ci sono anche un frutteto sponsorizzato da Heineken, specie floreali rare a cui è dedicata un’apposita sezione e piante spontanee tipiche della flora newyorkese. Il tutto viene annaffiato sia con acqua piovana che con quella del fiume le quali, dopo questo utilizzo, vengono depurate e riusate per i sistemi delle toilette. L’energia necessaria al funzionamento della struttura è prodotta da un impianto diffuso di pannelli fotovoltaici che mirano a camuffarsi con l’ambiente della foresta. A bordo, non solo la possibilità di comprare tutto ciò che viene prodotto sulla chiatta, ma anche laboratori didattici gratuiti, workshop, incontri sui sistemi di agricoltura sostenibile e perfino concerti, il tutto 100% carbon free. Unica limitazione? Sono ammessi su Swale solo 70 visitatori per volta, per cui per partecipare a eventi e visite guidate è necessario prenotarsi con larghissimo anticipo.

www.swaleny.org/program/spring-2017-opening-event

 

a cura di Francesca Fiore

Riscoprire il Pecorino Romano Dop con Caseifici Aperti in Sardegna

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Tredici caseifici sardi aprono le porte ad appassionati, visitatori e studenti, durante il weekend del 20 e 21 maggio 2017. È  “Il mondo del pecorino romano Dop. Le origini del gusto”, un progetto che punta a far riscoprire questo prodotto attraverso assaggi, workshop e laboratori aperti.

Il mondo del Pecorino Romano Dop

All’estero il pecorino romano va forte, sul fronte nazionale un po’ meno. Per far riscoprire questo formaggio dalla storia antica e dal sapore intenso, in Sardegna 13 caseifici aprono le porte agli appassionati e agli studenti delle scuole. Un appuntamento giunto alla seconda edizione e che l’anno scorso ha registrato oltre 3 mila presenze. “Il pecorino romano può e deve diventare parte della nostra tradizione a tavola e della nostra dieta”, ha spiegato il presidente del Consorzio del Pecorino Romano, Salvatore Palitta, “e per raggiungere l'obiettivo serve un grande lavoro di approfondimento e di educazione alimentare”.

La Sardegna concorre alla produzione nazionale con il 65% del totale, ma subisce crisi cicliche che non assicurano stabilità al comparto:“Caseifici Aperti rappresenta una grande opportunità per far conoscere questo prodotto, soprattutto ai giovani” precisa Pierluigi Caria, Assessore dell'Agricoltura e Riforma agro-pastorale della Regione Sardegna, “che andranno a visitare e a conoscere i luoghi dove si produce una delle migliori eccellenze dell'agroalimentare sardo".

 

Pecorino romano prodotto in Sardegna - foto ItesnovasPecorino Romano Dop prodotto in Sardegna - foto Itesnovas

 

Caseifici aperti: quali sono e dove si trovano

Durante la due giorni ogni caseificio organizzerà in autonomia laboratori per far vedere come nasce il formaggio e proposte di abbinamenti con cantine e birrifici, visite guidate, degustazioni, concerti, mostre, iniziative per intrattenere i più piccoli e introdurli nel complesso mondo della produzione casearia. Ma quali sono i caseifici visitabili? Nella provincia di Sassari aderiscono la Latteria Sociale Sa Costera di Anela, l’Agriexport Sardegna di Chilivani, la Lait Latteria di Ittiri, il gruppo Allevatori di Mores, la Latteria sociale cooperativa San Pasquale di Nulvi, la Latteria Sociale Coop e La Concordia di Pattada. Per la provincia di Olbia-Tempio, apre le porte ai visitatori l’azienda Sardaformaggi di Buddusò, per quella di Nuoro LA.CE.SA (Latteria Centro Sardegna) di Birori e la Casearia F.O.I. di Macomer e per la nuova provincia Sud Sardegna, L’Armentizia Moderna di Guspini. Infine, la provincia di Cagliari partecipa con Formaggi Aresu di Donori, Coop. Unione Pastori di Nurri e Argiolas Formaggi di Dolianova, che oltre alle visite guidate al caseificio e al magazzino di stagionatura ha messo in calendario anche una lezione sulla caseificazione.

Caseifici aperti in Sardegna | dal 20 al 21 maggio 2017 | www.regione.sardegna.it/j/v/25?s=337545&v=2&c=35&t=1

 

 

a cura di Francesca Fiore

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